
Yazoo – Upstair At Eric’s
(1982, Mute Records)
by Simone Rossetti
Si si sorridete pure ma intanto questo piccolissimo album di (banale? Commerciale?) synth-pop ha venduto qualcosa come milioni di copie e non a caso; se ne parliamo non è ovviamente per questo ma perché, a prescindere da riconoscimenti vari, lo merita ed è un gran bell’album (al netto di “tormentoni” vari). Vince Clarke (appena fuoriuscito dai Depeche Mode) ed Alison Moyet (perfetta sconosciuta), siamo nel 1981, Basildon (Inghilterra), il classico (per i tempi) annuncio su un giornale e conseguente “scintilla”; nasceranno così gli Yazoo (nome preso in prestito dalla label Yazoo Records specializzata in musica country, jazz e blues). Scintilla però dalla breve durata (questo Upstair At Eric’s del 1982 ed il successivo You And Me Both del 1983) ma tant’è, le cose accadono ed hanno un loro divenire; a proposito di “tormentoni” (per chi c’era ovviamente, per tutti gli altri una sorpresa, speriamo), la danzereccia Don’t Go, una più riflessiva Only You, il groove di Situation (che non troverete però nel vinile originale). Fermi, riavvolgiamo il nastro per un attimo, pop si ma di gran classe non solo; ogni album (di qualsiasi genere o stile si tratti) richiede di “un entrarci”, di trovarne una porta, intima, personale e non è detto sia la prima traccia, anzi; compreso questo mescoliamo “le carte” e provate a partire da una immensa Winter Kills (a firma Moyet) “Pain in your eyes makes me cruel, makes me spiteful, tears are delightful welcome your nightfall, how winter kills, i’ll tear at you searching for weaker seams, how winter, how winter, how winter kills, how winter, how winter, how winter kills..”, suonerà diversa, lontana, glaciale, di lacerante bellezza (e di pop ha veramente nulla), Goodbye 70’s, un manifesto, lucido, di una “fine” “To the lights to the trend setting in your head, sunday night tears from youth cults already dead, i’m glad that we don’t hear you any more, i’m tired of fighting in your fashion war, goodbye seventies” e poi c’è la voce di Moyet, potente, scura, soul, una voce “prestata” all’elettronica, come sia stato possible (a parte quell’annuncio sul giornale) non lo sappiamo ma evidentemente le vite hanno un loro “incontrarsi” (Too Pieces, In My Room) ed infine Midnight un gospel scarnificato fin dentro le budella per farsi altro ma siamo già ad un oggi, presente e nulla insieme. Tempo di un anno e ciascuno per la propria strada (seguiranno percorsi e storie diverse ma anche nuove intersezioni), Upstair At Eric’s resterà quello che è e che doveva essere, un pregevole album di synth-pop ma “niente” più eppure suona ancora così maledettamente bene, suona “nero” come le nostre anime fra gioie e tribolazioni quotidiane ed Alison è brava nel ricordarcelo con la giusta leggerezza ma anche con quello spessore che sebbene siano ormai trascorsi 40 anni ti fa ancora venire voglia di mettere su questo disco e farlo girare. Da Roots! è tutto e come sempre buon ascolto (qui o qui).