
VV. AA. – Saturn
(2021, Ukhan Records)
by Tommaso Salvini
La Ukhan Records di Catania, al fine di festeggiare il suo primo anno di esistenza in un mondo difficile e ostile, ha invitato 13 artisti, tra italiani ed esteri, a comporre musica ispirandosi a Saturno, il pianeta. Si comincia bene coi tedeschi Shortwave Research Group in un ipotetico atterraggio Ambient su masse gassose: ipotetico poiché non si atterra su masse gassose e quindi il mood generale assume più i lineamenti di un atterraggio nelle stanze più oscure della mente: esplosioni cupe e metalliche in ricordi che l’ippocampo vorrebbe non ricordare, eppure, in un meccanismo involontario, si ritrova costretto a riaprire lo scrigno della memoria. Il viaggio prosegue nell’incubo statico dell’italiano Petrolio, in un perfetto attacco che si collega perfettamente alla chiusa degli SRG: una sottile melodia quasi dissonante, disturbata da fughe di synth in odore di Kosmische Musik e che si propaga verso l’infinito con una drone Noise in odore di Challenger di Burning Star Core; un accenno di ritmo e poi la fine si incarna in un tripudio di circuiti rotti. Non so se gli artisti sparsi in questo volume si siano accordati per far si che questo suonasse come un blocco unico, ma fatto sta che anche Bad Girl pare riprendere da dove Petrolio ha lasciato: stavolta una drum machine attacca, il ritmo è regolare, un pianoforte elettronico accompagna una voce fuori campo…sembrerebbe esserci vita su Saturno: o è solo l’ipotetico protagonista di un viaggio ipotetico su di un ipotetico Saturno che non è mai partito e, adesso, sta solo guardandosi allo specchio mentre la sua immagine si deforma sempre più? È la realtà quella che vede o è solo la sua mente che non riesce più a filtrare gli input esterni? “ è la sua mente!” pare affermare subito dopo, sempre Bad Girl, in un orgasmo di suoni sintetici discordanti fra loro che segnano il finale del brano; a raccogliere i frammenti è Roberto Memoli che ci regala 4 minuti di piccoli suoni, frammenti, stralci di conversazioni tra automi. Marco Pianges (del suo album Somewhere ne avevamo parlato a suo tempo qui) riprende proprie queste frequenze spezzate, soavemente intervallate, e le porta all’esasperazione in un delirio sempre più serrato, veloce, incontenibile: elettronica, sperimentazione, delirio. For The Glory Of Nothing (altro nome non nuovo su queste pagine, qui il loro Garmonbozia) riporta tutto ad una fase statica ed ipnotica, Ambient, fino a quando la pace non viene rotta da un beat post Dubstep inizio anni ’10 (da appurare se del 2000, del 1900 o del 1800). Pezzo intenso ed incantato che si risolve per sole sonorità, prima leggiadre e poi imperiose, in totale assenza di gravità…InHuM’AwZ, francese, la butta su di una techno minimal che riaccende i toni della compilation: è una danza della pioggia fatta per novelli HAL 9000, generazioni future completamente automatizzate, integrate coi loro smartphone e memorabilia da pianeti dimenticati. Ad-Just parte con una sorta di rituale voodoo, coro ossessivo in lingue ataviche per esorcizzare i demoni sopiti nei ricordi del genere umano: si viaggia per milioni di anni luce per arrivare su di un pianeta ostile per l’uomo per scoprire la vera natura dell’uomo: ostile. Il tutto si riavvolge in un retro-futuristico viaggio negli anni ’80 dei Front 242. Ancora techno minimal con The Diish, sempre un Mood oscuro, ossessivo, l’evoluzione di un suono dagli anni ’80 ai ’90, dai Front 242 a Plasticman, dal primitivo verso il primitivo civilizzato: l’evoluzione dell’essere umano è solo una questione di aggettivi, ma quel che conta davvero è il sostantivo: primitivo …Una leggera pioggia di meteoriti viene immessa nell’atmosfera da M. Irrlicht, una melodia aliena così soave che parrebbe dovesse spezzarsi da un momento altro; ma non si spezza e continua, ostinata, decisa, ma pur sempre fragile: in assenza di gravità, su di uno shuttle danneggiato, tutto è ancora possibile. Lo sfrigolare di circuiti rotti fa da tappeto all’elettronica solenne di Quindicesimo Arcano: oscuri presagi in oscuri luoghi, ancora una volta ci si chiede se il viaggio è su Saturno o dentro noi stessi, che qui veniamo descritti come un sommergibile affondato; una sonda ci scruta e trova i mostri addormentati della nostra routine deleteria. Rino Sorbello delizia la solitudine del viaggiatore spaziale con un assolo di chitarra da Live In Pompei: lo spazio, il tempo, la memoria, antichi classici tornano alla vita; ritrovamenti in un satellite dove, uno scienziato fan di David Gilmour, ha sostituito i dischi dei Beatles con quelli dei Pink Floyd come reperto in lascito alle civiltà dello spazio sconosciuto. NCT333 mescola Ambient e Post Thrash Voivodiano in un finale angosciante e senza lume a indicare la via del ritorno. Non si torna indietro da Saturno…Ultimi appunti: Esattamente come in un viaggio spaziale, ibernati nel criosonno come nella saga di Alien, la percezione del tempo può risultare alterata e un pezzo di 7minuti può sembrare ne duri 1 o viceversa. Attenzione: si potrebbe pensare di aver viaggiato fino a Saturno ma, come nel Pianeta delle Scimmie del 1968, può anche darsi che, a un certo punto, ritrovando dei resti fossili dall’aria familiare, ci si accorga di aver viaggiato nel tempo attraverso lo spazio e di non aver mosso un passo dal punto di partenza: solo il tempo, inteso come tracciato lineare, è andato avanti. In questa compilation risiede una possibile versione di un futuro verificabile. Ukhan Records è una bellissima realtà che si impegna nel diffondere sul web sonorità altre, aliene…organizza viaggi su Saturno o dentro la psyche, non si sa, e, a questo giro di semplice perlustrazione (sono convinto che ci proporrà, in un futuro prossimo, ricognizioni più approfondite ed analitiche), offre tutto lei. Impossibile, e criminale, non tenere d’occhio questa splendida perla di Catania. Da Roots! è tutto e come sempre buon ascolto (qui).