Roots! n.578 novembre 2022 The Procrastinators – Amazing

The Procrastinators - Amazing

The Procrastinators – Amazing

(2022, Burning Sound Records)

by Tommaso Salvini

Si dicono Crunchy Punk/Garage/Post Punk i Procrastinators ma, come succede quasi sempre, in fin dei conti, son qualcosa di molto di più e, per fortuna, per definirlo non bastano tre categorie (che comunque, a onor del vero, non son neanche poi così stagne, per l’appunto). Occorre quindi ricorrere alla città di provenienza del Trio, Bologna: città universitaria dove la commistione, l’accoglienza e, cosa più importante, l’apertura mentale son requisiti essenziali per fare richiesta di cittadinanza o residenza. In cambio la città ti dona il suo carico di suggestioni, impressioni, maledizioni e, soprattutto, la sua vita notturna; in pieno centro, sotto e lungo i portici, da un bar all’altro, passando da locale a locale, da un posto occupato all’ altro (forse ho una visione un po’ troppo romantica, ma per cortesia lasciatemi almeno questo); attimi dove lo svacco, il Savoir Vivre, le sbornie allegre, sono l’unico passaporto necessario. Il Garage Punk dei Procrastinators splende di tutto questo e lo racconta: immediatezza, allegria nella scrittura e nell’esecuzione; chi suona si sta divertendo quanto chi sta ascoltando e questa è la sola cosa che conta. Ma non è, appunto, un Garage Punk da tanto al kilo: come già detto i Procrastinators non sono riesumazione ma, come la loro città, sono anzitutto commistione: se nell’attacco spietato di Brew un incedere figlio di tanto Garage Punk selvatico fa spazio ad un fraseggio ipnotico in odore di Psichedelia e Tonite e MI’A son sempre dei bei numeri di Rock n’Roll drogato di Fuzz, feedback e dolori esistenziali (canzoni così sono un godimento per chi ascolta, il sapere che certe sonorità si mantengono intatte alterandosi nella struttura), in Que Peña si risolvono in esplorazioni disperate in lungo e in largo per deserti senza nome: una sorta di Man or…Astroman? affascinati dai film Western girati in terra spagnola e inferni alla Bosch. Quando la voce irrompe, irrompe anche il frastuono e son di nuovo feedback, riverberi e delay impazziti. Lo stomp di Two Liars, nella sua dannazione Blues che si incarna in una voce maledetta e rauca e che rimanda ai Not Moving più recenti: il rinato quartetto pisano-livornese-piacentino si affaccia sull’intero insieme, della suddetta composizione, prepotente e scontroso ma si fa manipolare dai Procrastinators che, con maestria, aggiungono la loro propensione per improvvisi e disastrosi affondi mesmerici: come trasformare un inno Garage Punk in un rituale pagano. Sting-O! tiene botta col pezzo precedente e, con una voce ridotta a lamento, rimane impantanata nel ritualismo rubato ad un film anni ’70 di Sergio Martino, per poi esplodere in un Rock’n’Roll esagitato e sgarbato, senza freni né inibizioni . Senza freni né inibizioni: un sabato sera perfetto a Bologna. Dark Tropicana potrebbe essere il brano manifesto dell’intero disco: odori esotici si innestano e si innescano perfettamente al piglio ruvido e abrasivo che i Procrastinators mostrano in fase di esecuzione. Un pezzo che, più che un pezzo, è un inno e, più che un inno, sembra una marcia claudicante, in preda alla sbronza, lungo i portici di Bologna, la notte tardi, accompagnati solo da ricordi confusi e dai postumi di un’allegria contagiosa. L’andamento tropicale restituisce il ritmo della baldoria, il suono marcio e le fughe strumentali danno il ritmo di una discesa all’ inferno (però col sorriso); i Procrastinators, nonostante partano da un genere ben preciso, non restano mai fedeli al verbo ma preferiscono portarlo a spasso per inquinarlo, corromperlo con altri linguaggi, misure, e colori, arricchendolo di senso. Come per Dark Tropicana, così per Bad Times: in luogo degli odori esotici qui abbiamo una struttura più Post Punk, ritmo a singhiozzo e chitarre stoppate, per poi venir travolti da una valanga cervellicida sul finale: c’è chi fa rumore per gioco, a caso, così tanto per divertire, i Procastinators lo producono con maniacale metodo per causare danni, maremoti, sciagure, maledizioni e apocalissi. Dopo una Demo già piuttosto decisa e, anche quella, ben scritta, I Procastinators ci regalano un disco bellissimo che non si conforma ma intuisce nuovi movimenti senza darsi la pena di rincorrere mode e tendenze. Dischi così son senza tempo e, per fortuna, continuano ad uscire.

Una copia per me. Grazie.

Da Roots! è tutto e come sempre buon ascolto (qui).

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