
Sebastiano De Gennaro-Musica Razionale
(2022, 19’40” / 17)
by Tommaso Salvini
Può la matematica essere meraviglia? Anni trascorsi su libri di calcoli, equazioni e 4 sul registro porterebbero a credere di no; tuttavia, se ci si rilassa un attimo, mettendo da parte antichi rancori adolescenziali, e ci si immerge nell’ascolto di questo disco, si può scoprire che, si, la matematica è anche meraviglia: nata dall’istinto umano per dare una misura ed un senso a ciò che ci circonda, questa materia può anche sfuggirci di mano e innalzare il livello delle nostre sfide al quotidiano, all’esistente o, più semplicemente, farci addentrare entro dei territori della percezione che per noi non esistono poiché non siamo ancora capaci di misurarli e calcolarli. Già nel primo episodio La Congettura Di Collatz, straordinario esercizio sospeso tra elettronica minimale e atmosfere primitive, il mistero matematico si pone di fronte a noi in tutta la sua imponenza: pare esserci una strada capace di ricondurre qualunque cifra al numero uno… ogni passo in avanti, di lato, indietro, in obliquo, ci riporta alle nostre origini; non importa quanto sarà lungo il nostro percorso, il dato di fatto è che si torna al punto di partenza: lo stadio iniziale…per questo De Gennaro inventa elettronica su ritmi da giungla ne La Congettura Di Collatz: l’elettronica fa immaginare scenari futuri mentre la ritmica riconduce alla Pangea…ciò che eravamo prima della deriva dei continenti. E questo vale per noi occidentali come per chiunque altro su questo pianeta, a qualsiasi latitudine e longitudine: ci si ritrova in Cina quindi, con in mano una tartaruga sul cui dorso fa mostra di sé il quadrato magico…e magia è il brano Lo Shu, gioco di loop, ripetizioni meccaniche, partitura per strumenti a orologeria, un meccanismo a rullo gira per tutto il pezzo, designandone una continuità nello spazio, nel tempo e nel calcolo. Piccoli movimenti risicati che ci obbligano a buttarci sul caso, tutto quello che pare incalcolabile: le probabilità di vincita e perdita nel gioco dei dadi, rappresentate qui nel pezzo 12 facce, dove scopriamo che la matematica è in grado di capire e calcolare anche quello, magari rinunciando al suo rigore, alla sua rigidità: un pezzo free jazz improvvisato certo, ma sempre contando tempi impensabili (come il vero Free Jazz imporrebbe), xilofoni e ciottoli producono rumori adorabili ed insopportabili: il sacrificio della mente che si produce nel calcolo del caso e, nel fare ciò, si rende conto che deve perdere il senno per poter avere senno; un senno rinnovato, totalmente affacciato verso un nuovo livello di calcolo e soluzione a questo. “Io sono tra lo zero e l’uno”: Farey Sequence è il percorso infinito, sui binari della follia, che separa zero da uno: una voce femminile, atona, quasi inumana, ripete la solita frase mentre, di schianto, arriva un campionamento rubato dalla doccia di Psycho a introdurci dove il numeri muoiono. Un brano violento, come violento è scoprire qualcosa che non si sapeva ma che in realtà abbiamo sempre avuto di fronte. In Ulam Numbers si arriva al mistero più grande, più folle, più incalcolabile: la musica. “una successione di numeri può generare una successione di note e, quindi, una melodia…” ma Ulam Numbers non è melodia, è introspezione ed esplosioni di violino improvvise, assenza di armonia e puro ritmo screziato da quello che è la vera colonna sonora di ogni esistenza: caos, disordine, cercare un appiglio nel vuoto. Tutto qui, tutto è qui, tutto e niente: tutto è niente. E sul finale si parla di infinito, perché in matematica nulla è finito, tutto ha un altrove, un altroquando, un altro mondo verso cui protendersi per arrivare oltre: in matematica come in musica le possibilità sono infinitesimali e De Gennaro ce le descrive nell’enormità di un brano, Numeri Malvagi, che vive e si regge su due atmosfere: l’irrequieto e nervoso inizio e l’inquietante quiete da metà brano fino al suo risolversi finale e ci fa rimbalzare nello spazio tempo, senza ritegno né pietà. Un brano che si dissolve come si dissolve il cosmo ai suoi confini, presunti o reali, individuati da calcoli ma mai verificati a occhio nudo; come si dissolvono le nostre vite, iniziate nel Caos e che nel Caos torneranno, il tutto accompagnato da una ritmica tribale che percorre secoli di musica: la musica che calcola i nostri giorni, le nostre reazioni, le nostre vittorie e le nostre sconfitte…la musica è la forma più empatica di matematica possibile… Da Roots! è tutto e come sempre buon ascolto (qui).