Roots! n.253 agosto 2021 Screaming Trees – Buzz Factory

Screaming Trees - Buzz Factory

Screaming Trees – Buzz Factory

(1989, SST Records)

by Simone Rossetti

In qualche modo oscurati dal successo mediatico dei loro conterranei (stato di Washington) Nirvana gli Screaming Trees sono stati fra i principali precursori del grunge e dell’alternative rock, forse i primi in assoluto ma per un motivo o per l’altro rimasti sempre in quella zona “d’ombra” di band di culto, altra sorte toccherà al loro frontman Mark Lanegan (Ellensburg, 25 novembre 1964 – Killarney, 22 febbraio 2022) che dopo lo scioglimento della band (fine anni ’90) intraprenderà una carriera solista (cantautorale) di tutto rispetto. Era il 1989 quando fu pubblicato questo Buzz Factory per la SST Records, loro quarto album in studio, bellissima artwork con quelle fabbriche dalla tonalità violacea che si stagliano contro un cielo giallo ocra, un’immagine che rimanda immediatamente alle desolate periferie industriali americane, un’ immagine cupa e sporca così come il loro suono ma attenzione, niente hardrock, metal o hardcore, accontentetevi di un rock, un grande rock (per un attimo lasciate perdere le varie etichette di genere, grunge, alternative-rock o altro). Mark Lanegan alla voce, i fratelli Gary Lee e Van Conner  rispettivamente alla chitarra ed al basso e Mark Pickerel alla batteria; un album che non troverete nella classifica dei 500 migliori album di tutti i tempi (quella “veritiera” stilata dalla onorevole rivista Rolling Stone) ma della quale noi di Roots! ce ne freghiamo altamente e vi diciamo subito che è un bellissimo album e questo senza bisogno di “posizionarlo” da qualche parte. Where The Twain Shall Meet è la traccia di apertura, intro di basso e subito partono i riff di chitarra sporcati da distorsioni e fuzz, si prosegue con Windows dall’incedere più sostenuto ed un bel refrain dove si sentono le influenze del primo rock psichedelico anni ’60 (Byrds, Jefferson Airplane, Grateful Dead); Black Sun Morning è un piccolo capolavoro di potenza ed intensità ammantato di un triste presagio, segue Too Far Away una splendida ballata elettrica mid-tempo calda ed avvolgente ed ancora Subtle Poison dal suono cupo e roccioso, anche qui si sentono rimandi alla psichedelia anni ’60 ma è tutto più duro, più velatamente amaro (caratteristiche poi del grunge stesso); Yard Trip #7 uno fra i pezzi più belli degli ultimi 30 anni, una ballata ricca di fascino, polverosa ed aspra, una carta abrasiva (di quelle spesse) passata sopra al sudicio della vostra anima mentre più dolce è Flower Web altra ballad elettrica dalle sonorità anni ’60 ma questa volta seducente e malinconica; si viaggia veloci sotto una tempesta di distorsioni a manetta in Wish Bringer, Revelation Revolution e The Looking Glass Cracked per infine concludere con un altro piccolo capolavoro, End Of The Universe e qui non ce n’è per nessuno, dall’attacco al suo “deflagrante” crescendo, un breve ponte per tirare il fiato e poi via verso il gran finale, tutto in salita e dove oltre non sarà dato andare. Sia ben chiaro, Buzz Factory non è un capolavoro però è “bello”, bello nel senso di essere e di suonare maledettamente sincero ed onesto e che francamente non ha niente da invidiare ad album ben più blasonati o da classifica; è solo figlio di un dio minore ma questo non ne fa un album minore; da Roots! è tutto e come sempre buon ascolto (qui o qui).

Dedicato a Mark Lanegan e ad uno scorrere, riposi in pace.

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