Roots! n.689 maggio 2023 Ornette Coleman – The Shape Of Jazz To Come

Ornette Coleman - The Shape Of Jazz To Come

Ornette Coleman – The Shape Of Jazz To Come

(1959, Atlantic Records)

by Simone Rossetti

La forma del jazz che verrà

In tre parole….Malinconica, gioiosa, intransigente.

Questa è la musica di Ornette Coleman (1930 – 2015)….prendere o lasciare…e molti hanno lasciato. Troppo ostica, troppo disarticolata, troppo “free” (in realtà la sua musica di “free” non aveva assolutamente nulla), troppo cervellotica/a caso….No, guardate al jazz di Coleman non come ad un “genere” ma come musica a 360°….Coleman partiva si dal jazz ma per scomporlo, per riassemblarlo secondo solo un proprio sentire, estraneo (senza il quasi) ad una qualsiasi logica di marketing ma sempre in un’ottica di dialogo con chi si fosse posto all’ascolto di questa musica…..non molti a dire la verità anche se nel corso della sua carriera non gli mancheranno riconoscimenti ed i “soliti applausi” (quelli di circostanza). Eredi? A ben vedere/sentire oggi nessuno ma forse ci sbagliamo (se volete approfondire c’è uno studio scritto dallo stesso Coleman dove spiega la sua musica, la famosa Armolodia ma sembra che in pochi ci abbiano capito qualcosa). 3° album in studio dopo Something Else!!!! del 1958 e Tomorrow Is The Question! del 1959….già di per sé due album a ridefinire le coordinate della musica jazz ma in questo The Shape Of Jazz To Come (e siamo solo nel 1959) Coleman si allontanerà da quelle poche “certezze” auditivo/compositive ancora rimaste per spingersi oltre….e siamo solo ad un inizio.

In tre parole….Maturità, consapevolezza, ostinazione.

Ad accompagnare il sax di Coleman gli immensi Don Cherry alla cornetta, Charlie Haden al basso e Billy Higgins alla batteria (discepoli di un nuovo sentire)…Velocità altissime a riprendere lo stile bebop caro a Charlie Parker (chissà cosa ne avrebbe pensato…ma sì forse avrebbe approvato pienamente) ed a dilaniarlo completamente fino a portarlo in territori totalmente e furiosamente “free” (Eventually, Congeniality, Chronology), ciascuno a ruota libera seguendo solo un proprio “umore” ed un proprio sentire…..eppure nulla è lasciato al caso e se non è matematica questa è un qualcosa che gli si avvicinerà molto. C’è la circolarità drammatica di Lonely Woman pezzo superbo che ha pochi eguali ma anche Peace dallo scorrere più lento ed oscuro (il contrabbasso di Haden suonato con l’archetto è pura intuizione, arte, solitudine), Focus On Sanity ha un “tema” (in realtà una progressione armonica) appena abbozzato ma poi ciascuno per la propria strada, insieme o da soli in un continuo rincorrersi e “superarsi” (splendido il solo di Cherry su un tempo più lento). Musica aperta ad un nuovo che verrà (lo stesso Coleman nel corso degli anni si spingerà ben oltre e non sempre compreso)…..ogni suo album farà storia a sé e di una cosa siamo ben consapevoli….ogni parola o considerazione che avrete la sfortuna di leggere qui suonerà già “vecchia” così come ogni suo “album precedente”….Un genio? Un “folle”? O più semplicemente siamo noi ad aver rinunciato a sognare? Da Roots! è tutto e come sempre buon ascolto (qui o qui).    

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

error: Content is protected !!