
Autore: Quasar
Titolo: Spooky Action
Anno: 2020
Genere: jazz
Città: Siena
Componenti: Giulio Ottanelli (sax), Mario Petronzi (chitarra), Francesco Tino (basso elettrico), Mattia Galeotti (batteria)
Etichetta: Emme Record Label
Formato: digitale
Quasar-Spooky Action
by Simone Rossetti
Il jazz oggi, bella domanda, un pò come chiedersi il rock oggi, dalle spinte creative degli anni 50, 60, 70, 80 e primi novanta ad un’assuefazione alla mediocrità ed alla banalità disarmanti, un destino comune (sia per il jazz che per il rock) ma non per questo noi di Roots! ci accontentiamo del meno peggio, soprattutto se si parla di jazz, per la sua storia, per le persone che lo hanno “fatto”, per quello che abbiamo ascoltato, per le storie che ci ha raccontato ed insegnato; guardare al jazz oggi è un pò come ascoltare la musica di sottofondo di qualche documentario culturale su Rai Storia (senza offesa, anzi, forse è l’unico canale decente rimasto) e non crediate che per il rock sia meglio, ma evidentemente va bene così. Niente di male ma non se si vuole parlare di musica (il genere non importa), non qui; poi capita anche di imbattersi in piccoli album come questo Spooky Action dei Quasar, intendiamoci, non un capolavoro, non qualcosa che rivoluzionerà la storia del jazz ma almeno interessante, questo si, qualcosa che molto timidamente cerca di affacciarsi oltre un prodotto precotto da supermercato; ed è un peccato perchè se avessero osato di più chissà cosa ne sarebbe uscito fuori (domanda che resterà senza risposta, per il momento). I Quasar sono Giulio Ottanelli al sax, Mario Petronzi alla chitarra, Francesco Tino al basso elettrico e Mattia Galeotti alla batteria, arrivano da Siena e a titolo semplicemente informativo (sapete bene che dei premi e riconoscimenti vari non ce ne può fregare di meno) sono i vincitori dell’edizione 2019 del Fara Music Jazz Live, a seguire il loro album di debutto, questo Spooky Action del 2020 prodotto dalla Emme Record Label (ottima etichetta indipendente italiana che si muove in territori jazz, blues e non solo); ma parliamo di questo lavoro, ottimamente registrato, un buon jazz modale che a tratti può ricordare (a livello compositivo e di sonorità) sia Wayne Shorter che John Coltrane (più intimista), ma non solo, ha una marcia in più, la contemporaneità che lo fa andare oltre al semplice copia e incolla stilistico (contemporaneità che può essere un limite ma anche un’occasione). Fra i brani che preferiamo c’è la bellissima Hypothermia, un pezzo arioso di grande classe che si muove su territori elettrici quasi ambient dove dolci e notturne melodie trasportano l’ascolto in una dimensione quasi cinematografica; fra i musicisti si sente che l’interazione è buona e mai scontata, in questo pezzo in particolare risalta il lavoro alla ritmica di Galeotti e la chitarra di Petronzi che non si accontenta di replicare i soliti accordi jazz ma cerca una “diversità” propria, e bella è anche Zelda’s Trip con i suoi movimenti in crescendo che si alternano a passaggi più introspettivi, c’è da dire che il sax di Ottanelli non “esplode” mai preferendo una voce pulita e calda, è un’esplosione che qualche volta potrebbe venire a mancare ma è anche una buona scelta quella di mantenere un dialogo più “a bassa voce”; su territori più canonici si muove Somewhere Else, un buon brano ma che nell’insieme sa troppo di ascoltato e riascoltato, le cose vanno meglio in The Eternaut dove le melodie si rincorrono in uno splendido saliscendi emotivo, è sempre jazz ma che allo stesso tempo si fonde con la tradizione musicale (classica e di avanguardia) europea, ed è un bel sentire, per contro Cool But Not Essential scorre fin troppo scontata, piacevole ma niente di più; per concludere vi segnalamo i due brani che aprono e chiudono questo lavoro, Once Again è posta in chiusura, un brano dalle tonalità scure e malinconiche dove il sax di Ottanelli con poche note e senza forzare riesce a straziare l’anima e Spooky Action (posta ad apertura) che nel suo svolgersi molto libero non può non ricordare alcune delle migliori composizioni di Wayne Shorter. Che dire, un album “lieve” (che non vuol dire leggero) che lascia qualcosa oltre al piacere dell’ascolto e di questi tempi non è poco, forse ci si poteva aspettare quell’osare qualcosa in più che non sempre arriva ma proprio questo “aspettarsi” è un segno di qualità, infine consentiteci un’ultima considerazione (a nostro modestissimo parere), il jazz oggi deve ri-scoprirsi come tale, come linguaggio, come dialogo, come rivendicazione per un nuovo mondo in divenire (se migliore o peggiore non lo sappiamo ancora) ed in questo Spooky Action ci sono delle buone intuizioni, una strada ancora da perseguire, da esplorare e tutta da scoprire, una strada non facile ma necessaria se si vuole uscire da questa mediocrità dilagante; nel frattempo Roots! vi augura come sempre un piacevole ed interessante ascolto che in questo caso non vi deluderà.