
Pink Floyd – The Dark Side Of The Moon
(1973, Harvest / Capitol)
by Simone Rossetti
Giuro…..domattina mi alzerò dal letto e dopo un buon caffè “sentenzierò” che questo The Dark Side Of The Moon dei Pink Floyd è un capolavoro assoluto……ma non oggi….sarà che non siamo più nel 1973 ma in un fottuto 2023 dove già è difficile confrontarsi con le miserie di questi tempi, sarà che questa mattina ci siamo alzati con il piede “critico/disfunzionale” e che di quelli che ci vengono spacciati come “capolavori assoluti” da accettare incondizionatamente ne avremmo anche abbastanza…..sarà che….non lo sappiamo nemmeno noi ma per oggi questo The Dark Side Of The Moon sarà semplicemente un buon album e niente più. Intendiamoci….”per chi c’era” e ne è stato testimone consapevole sicuramente un album che era “un altro sentire”…quello che però ci chiediamo è se a distanza di mezzo secolo lo sia ancora…..Vette compositive altissime ma anche con qualche “lungaggine sperimentale” troppo fine a se stessa (Speak To Me anche se quel battito iniziale è notevole e On The Run che ok ma poi?) ….“Ma questo è un capolavoro che necessita di essere ascoltato come un concept album!!”……..Vero, un po’ come prendere tutti i giorni l’ascensore per arrivare ad un quarto fottuto piano….solo che noi preferiamo salire a piedi e cuffie alla mano (alle orecchie). Quattro rampe di scale non sono poche ma provate a farle perdendovi nell’immensità di Breathe, di Time, di The Great Gig In The Sky (a scanso di equivoci e dopo anni di tristissime controversie legali brano riconosciuto a firma Clare Torry, sua la voce, e Richard Wright) brano splendido ma anche questo un po’ tirato per le lunghe….A non convincerci proprio è (considerazione sempre discutibile visto il riscontro ottenuto) Money ibrido “insapore” fra accenni blues e ripartenze psych-rock, bello il sax di Dick Parry ma finisce qui, Us And Theme è un pezzo che suona “strano” ma con un refrain così esplosivo che tanto di cappello mentre Any Colour You Like e Brain Damage sanno già di minestra riscaldata (Meddle? Atom Heart Mother?)….ed a chiudere Eclipse, ariosa e sospesa in un finale corale ma che alla fin fine di questo vivere nulla risolve….restano “solo” quei pochi battiti finali a riprendere l’input iniziale (a scanso di equivoci basterebbero questi “a salvare” un album sia che lo si possa definire un “capolavoro” o un “cesso”). Se siete arrivati a leggere fin qui vi meritate di infamarci come meglio riterrete opportuno (tranquilli, nessun problema, siamo ben consci del rischio e di quello che abbiamo scritto)….ma nel caso e prima di “santificare” tornate a riascoltarvi anche album come Ummagumma, Atom Heart Mother, Animals……C’è stato un tempo e ora non lo è più. Da Roots! è tutto e come sempre buon ascolto (qui o qui).