
Monoscopes – Painkillers And Wine
(2022, Big Black Car Records)
by Simone Rossetti
Attenzione, potreste innamorarvi di questo album ad un primo ascolto come anche no ma nel caso sarebbe un “errore” e del perchè ne riparleremo più avanti. Da un Veneto che profuma di provincia americana, psichedelia anni ’60, paisley underground ’80, garage beat, polverose ballate folk e deserti australiani; Paolo Mioni alla voce, chitarre, organo, Francesco Sicchieri / Lorenzo Maritan alla batteria e percussioni, Francesco Pagliarin / Massimo Busato al basso e cori e Marco Degli Esposti alla chitarra, tastiere e cori. Album che arriva a deliziarci (e speriamo a deliziarvi) in un iniziale 2022 che sembra già non promettere niente di buono (come sempre si dirà ma questa volta temiamo anche peggio), non mollate, ci sono ancora piccole storie quotidiane che meritano di essere raccontate prima che una follia “collettiva” le consegni (e ci consegni) ad un probabile oblio. Painkillers And Wine, album di debutto ma che sembra narrarci ben altro; album che andrete ad ascoltare, così come è normale che sia, dalla iniziale Hospital Room, prima però una precisazione, qui parliamo di musica, non “recensiamo”, cosa della quale ce ne assumiamo il rischio ma anche una sua libertà, Hospital Room, traccia che per qualche strano motivo ci sembra suonare “estranea” ad un resto, può accadere così come potremmo anche sbagliarci, fate voi, mentre restiamo letteralmente incantati dalla successiva Ages Of You, echi Dream Syndicate, degli australiani Triffids, un suono garage-paisley immenso, a proposito, testi in inglese ed inutile stare a disquisire, a ciascuno il suo, “There was nothing I could refuse, You and your subtle forms of abuse, Till there was nothing left but the blues, And traces of you”, che sia un piccolo capolavoro? C’è la più solare The Edge Of The Day, una ballata elettroacustica alla The Jesus And Mary Chain che tanto di cappello; A Drop In The Ocean non è male ma qualcosa, almeno “a pelle” sembra “stonare” od appesantirla di troppo, a seguire una PinkFloydiana/Velvetiana (ma ci mettiamo anche i grandissimi e misconosciuti Rain Parade di Matt Piucci e David Roback) Standing By The Light dalle atmosfere sognanti che profumano ed inebriano di altri tempi, bella. Discorso a parte merita Sometimes You Just Get Lost che ne siamo sicuri piacerà ai più ma “meno” a noi, un bel pezzo dal groove moderno e radiofonicamente accattivante ma siamo già negli anni ’90 (Oasis, Verve) e no, a questo punto non ci accontentiamo. Ed ecco arrivare due piccole gemme che forse erano nell’aria (speravamo, ne intuivamo le possibilità), inaspettate e splendenti di luce propria, I Should Have Know una ballata notturna che non sarebbe dispiaciuta a Nick Cave ed ai suoi The Bad Seeds, sporca quanto melodicamente superba e Waiting For The Morning Light un blues alla Mississippi John Hurt che è pura magia; carina e più leggera è What It Takes ma c’è ancora il tempo per un’ultima sorpresa, la conclusiva I’m Gonna Till The Day That I Die, “I’m gonna cry till the day that I die, Feeling as though this life’ll never change, Feeling brought down and somehow estranged, I’ll be lying alone my head on the ground, Looking for something that needs to be found”, una murder ballad che vi incresperà i peli dell’anima. E siamo arrivati così alla fine quando bisogna pur concludere anche se controvoglia tanto ci sarebbe ancora da dire, tant’è, i Monoscopes (bravi, sinceri ed onesti) sono questo e speriamo lo restino, non accadrà perchè mai è accaduto, motivo in più per gustarvi questo Painkillers And Wine prima che “diventi” altro, più “definito”, più “pulito”, più facilmente “vendibile”. Da Roots! è tutto e come sempre buon ascolto (qui).