Roots! n.631 febbraio 2023 Marco Luparia – Masnä

Marco Luparia - Masnä

Marco Luparia – Masnä

(2023, Autres Records)

by Simone Rossetti

Nel jazz di “assoluto” non c’è nulla….non c’è ”assoluta” tecnica, non c’è “assoluto” sentire (compreso un nostro), non c’è “assoluta” percezione di quel che si ascolta…..Un passo indietro, Marco Luparia già batterista nei Fade In Trio e qui con un suo personale progetto questa volta in sestetto….Masnä (in dialetto del Monferrato ragazzino)….solo una premessa perché se già siamo quotidianamente disfunzionali di nostro quando ci troviamo di fronte ad un album di musica jazz (jazz di oggi, di e “per” questi tempi) lo diventiamo ancor di più e non chiedeteci il perché….Album a prescindere molto bello, un muoversi fra sonorità avant-garde, free, musica classica contemporanea ma che (precisiamo che è un pensiero del tutto personale così come lo sarà un vostro) ci sembra non “esplodere”…..tradotto, è un bel sentire ma che non ci “sorprende” o meglio, non (ci) fa male quanto vorremmo, quanto questi tempi richiederebbero (attenzione non stiamo parlando di violenza sonora, anche un silenzio andrebbe comunque bene)…ma qui si entra in un campo di scelte artistiche e personali non discutibili quindi va bene così. Un sestetto che tanto di cappello (insieme a Luparia, Federico Calcagno al clarinetto, Pietro Elia Barcellona al contrabbasso, Hector Léna–Schroll alla tromba, Sol Léna–Schroll al sax contralto e Clément Merienne al piano) e che saprà portarvi ben oltre le solite aspettative…la conclusiva Harm ad esempio, è jazz? non è jazz? Non ha importanza, è quell’oceano immenso nel quale finalmente perdersi od il crescendo ciclico di Flock fino ad una coda corale veramente notevole (peccato sia troppo breve, troppo altro per un accontentarsi)…..C’è l’incedere sbilenco di Knup a ricordarci i grandi Eric Dolphy e Steve Lacy, Rapid Eye Movements anche questa non male ma che non “risolve” un problema sul quale ritorneremo più in là…..Étude Campanaire si sposta su territori più cameristici ed è un sentire già diverso, non facile ma bello mentre Wuh ha sapori latin/Monkiani interessanti per concludere con Teaper che ci piace a pelle….un neo jazz (anche se neo non lo potrebbe più essere) disarticolato e non ben definibile, ancora incompiuto e dalle possibilità tutte in divenire (e questo è un bene). Riguardo ad Harm abbiamo già accennato e dove spingersi oltre sarebbe ingiusto aspettarsi…..invece noi ce lo aspettiamo e perdonateci, non capita spesso di imbattersi in album di questo spessore ma siamo anche estremamente critici….La sensazione (solo nostra) è che suoni “troppo bene”, troppo “perfettino” (non scontato intendiamoci), troppo “definito/rigido”….Il fatto è che non siamo noi a suonare e poi forse (senza il forse) non sapremmo fare neanche di meglio ma solo peggio….questa è la musica di Marco Luparia, la critichiamo sì ma in realtà ci affascina. Da Roots! è tutto e come sempre buon ascolto (qui).

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