
Lou Reed – Transformer
by Simone Rossetti
Lou Reed ci ha lasciato che era il 27 ottobre di un ormai lontanissimo 2013; ci manca e sapete perchè? Perchè la sua anima “nera” in fondo era (e lo sarà sempre) anche un pò la nostra, le sue perversioni, la sua dolcezza, la sua poesia erano di quanto più umano ci potesse essere, Lou Reed ci prendeva per mano e ci accompagnava dentro le nostre debolezze, le nostre mancanze, le nostre paure, le nostre angosce quotidiane, il nostro perbenismo di facciata, un possibile riscatto.
“Jackie is just speeding away, Thought she was James Dean for a day. Then I guess she had to crash, Valium would have helped that bash. She said, “Hey babe,Take a walk on the wild side”, I said, “Hey honey, Take a walk on the wild side” (da Walk On The Wild Side).
Lou Reed, infanzia non proprio idilliaca, poi New York, poi i Velvet Underground, poi lui da solo e poi siamo nel 1972; un primo album a suo nome ma la cosa non andrà per il verso giusto, l’amicizia con David Bowie, un secondo album, Transformer (RCA Records), il successo ma sempre quello di chi (per scelta o destino) si ritroverà dal lato “sbagliato” (se mai ce ne fosse uno giusto) della vita. Abbiamo scelto questo album come ne potevamo scegliere un altro qualsiasi (nel caso di Lou Reed non fossilizzatevi su una scelta) ma non aspettatevi “miracoli”, è il più classico dei rock’n’roll, scarno, elettrico, spigoloso, a tratti dolcissimo, più spesso amaro, altre leggero ma sempre velato di quella malinconia che in qualche modo riscalda, onesta, sincera, rassicurante. Qualcuno potrà obiettare che alcune tracce sono buone ma altre no, insomma, che vi aspettate? Lou Reed non è dio ed anche volendo, guardando alle nostre quotidiane miserie, nemmeno a dio è riuscito tutto così bene, ci ha fatto come un lato B, forse aveva fretta di ultimare il lavoro o forse siamo noi umani che non abbiamo capito il perchè ci spettasse quel secondo lato. La traccia che apre Transformer è Vicious un semplice rock’n’roll con taglienti riff di chitarra ed un testo ironico sulle perversioni di coppia, segue Andy’s Chest più introspettiva sia musicalmente che nel testo, non c’è ironia ma solo un senso di sconfitta, “If I could be any one of the things, In this world that bite, Instead of a dentured ocelot on a leash, I’d rather be a kite, And be tied to the end of your string, And flying in the air, baby, at night”; Perfect Day, c’è la sua musica ed un testo ma non crediamo esistano parole a descriverne la sua bellezza, non spetta a noi “Just a perfect day, Problems all left alone, Weekenders on our own, It’s such fun, Just a perfect day, You made me forget myself, I thought I was someone else, Someone good”. C’è Hangin’ Round altro classico rock’n’roll da sudicio palco di periferia, una storiaccia finita male, la verità è che la “salvezza” è una perversione umana, semplicemente non esiste; Walk On The Wild Side è un altro capolavoro (senza virgolette) ma ascoltarla in questi termini sarebbe molto riduttivo; difficile da descrivere sia musicalmente che “emozionalmente”, non è un blues ma è profondamente blues, è spiritual, gospel, è un rock ridotto all’osso, jazz sono le spazzole che accarezzano i piatti della batteria, “vita” sono quelle linee di basso che dettano la metrica, “anima” sono quelle note profonde di sax che accompagnano il brano verso la sua conclusione, Walk On The Wild Side è un viaggio dentro le sfumature dell’anima, è quel lato “lato selvaggio” col quale conviviamo, è libertà e dipendenza, è infinita dolcezza. Segue la bellissima Satellite Of Love, una malinconica ballata (dal doppio senso) e Wagon Wheel un discreto pezzo R&B con un buon refrain ma siamo nella “normalità”, lo stesso si può dire per New York Telephone Conversation e I’m So Free mentre a chiudere l’album troviamo Goodnight Ladies, una “buonanotte” jazzata in stile big band anni ’40, pezzo semplice ed intimo “Oh, nobody calls me on the telephone, I put another record on my stereo, But I’m still singing a song of you, It’s a lonely Saturday night”. Ecco perchè ci manca Lou Reed, le sue storie, la sua voce “piatta” e distaccata, il suo raccontare la vita per quel che è ma sempre con gentilezza, senza bisogno di “urlare” o di apparire ciò che non si è. Vorremmo continuare e probabilmente lo faremmo per tutto il trascorrere della notte ma bisogna pur concludere ed è giusto così; da Roots! è tutto e come sempre buon ascolto (qui o qui). “Buonanotte” Lou.