Roots! n.248 agosto 2021 Lithics

Lithics-Tower Of Age

Lithics-Tower Of Age

by Simone Rossetti

Lo ammettiamo, siamo paranoici fino al punto da entusiasmarci per un “nulla” come nel caso di questo piccolissimo lavoro dei Lithics eppure sempre con qualche riserva, come se fossimo all’ostinata ricerca di un improbabile Santo Graal musicale 2.0, lasciate perdere, è una disfunzione professionale, la verità è che questo Tower Of Age è un bellissimo album di no-wave, art-rock, post-punk, hardcore realizzato nel giugno del 2020 e pubblicato per l’ottima Trouble In Mind Records; arrivano da Portland, Oregon, Aubrey Hornor alla chitarra e voce, Bob Desaulniers al basso, chitarra e loops, Wiley Hickson alla batteria e Mason Crumley alla chitarra (Jon Grothman al clarinetto basso in Victim’s Jacket); il loro Ep di debutto, Lithics, risale al 2015 mentre è del 2016 il loro primo album Borrowed Floors ed a seguire Mating Surfaces del 2018, questo per la storia ma non ce ne vogliate se preferiamo partire da quest’ultimo Tower Of Age, un colpo al cuore, improvviso, inaspettato ed ancora non ben compreso, il che vuol dire solo una cosa, che è un grande album o meglio, ne ha tutte le potenzialità. Non semplice eppure sembra di averlo ascoltato già centinaia e centinaia di volte, nei Sonic Youth, nei Minutemen, nei NoMeansNo, nei Fugazi ma in una “dimensione” del tutto nuova, destrutturata, dissonante, alienata, terribilmente attuale. 13 tracce dal minutaggio molto breve ma lucidamente compiute come nell’incedere “sbilenco” della splendida Mice In The Night squarciata da improvvisi spiragli di luce o in Non, pezzo scarno e dal suono ridotto all’osso tutta giocata su un ritmo sincopato e la bellissima voce di Aubrey Hornor (quanto ci ricorda quella di Kim Gordon tanto per tornare ai Sonic Youth); c’è Hands proiettata verso un futuro prossimo e attraversata da violente fiammate elettriche di scuola post-punk, un gran bel sentire; un suono incentrato sul pulsare disarmonico del basso ed una ritmica secca e distaccata, quasi marziale, come nelle asimmetriche Twisting Vine, An Island o la stessa Tower Of Age; asimmetria è la parola giusta, brani privi di un refrain vero e proprio o di un centro tonale di riferimento ma che si muovono seguendo forme architettoniche astratte, apparentemente incompiute, come nella bellissima The Symptom ma è in Victim’s Jacket che viene fuori, secondo il nostro modestissimo parere, il meglio di questa “intuizione-sonica” con le note del clarinetto protese a lacerarne il paesaggio urbano, notevole. Album che non finisce certo qui ma tutto da scoprire e gustare (potrete scegliere tra il vinile, CD, la più classica audiocassetta od il formato digitale); un album che potrebbe anche essere un piccolo capolavoro non tanto per la musica in sé quanto per approccio ed attitudine, poi si, anche per la musica che ne è il risultato; derivativa? In parte e questo è forse il suo unico limite ma cosa non lo è oggi? Almeno è un derivativo fortemente personale e che riesce a guardare oltre, quell’osare in più che è rischio, imperfezione ma anche “aria”, respiro, un sentire non da poco. Da Roots! è tutto e come sempre buon ascolto (qui).

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