
Lee Perry & Friends – Black Art From The Black Ark
(2021, Pressure Sounds)
by Simone Rossetti
Una vera chicca per tutti i collezionisti ed amanti della roots-reggae music….no, cioè si ma abbiamo scritto la classica frase di rito ad effetto…in realtà una cazzata….questo è un album (doppio) che nel caso sentiste il bisogno di risintonizzarvi sulle frequenze “giuste” di questo mondo (sempre che gliene sia rimasta qualcuna ma noi ci vogliamo credere) diventa imprescindibile. 2021?? Si ma solo come anno di pubblicazione ufficiale…la Storia che c’è dietro (il titolo non è a caso) vi riporterà ad un luogo-altro, ad altri suoni…ad un altro tempo (se migliore o peggiore di quello che viviamo adesso non spetta a noi dirlo, certo però che fare di peggio era veramente difficile e ce l’abbiamo quasi fatta..del tutto)…..Una storia ed una musica che crediamo valga la pena di essere ricordata perché di questi tempi bui (tradotto “neri”…a libera interpretazione) ce n’è più che mai bisogno. Storia….Il Black Ark era uno studio di registrazione (casalingo ma all’avanguardia per l’epoca) fondato in quel di Kingston, Giamaica da un ancora giovane Lee Perry (in seguito meglio conosciuto come Lee “Scratch” Perry) nel 1974, “leggenda” narra che qualche anno più tardi, nel 1979, sia stato lui stesso a provocarne volutamente l’incendio che ne decreterà una fine…ma la storia si sa ha i suoi ricorsi e ritorni (nel bene e nel male) ed ecco che le registrazioni che troverete in questo album provengono direttamente da quello studio prima della sua distruzione (a proposito, volete sapere il motivo? Presenze maligne che vi aleggiavano al suo interno…molto più verosimilmente perché a Lee Perry non piacevano come stavano andando le cose ed i personaggi che vi gravitavano intorno)….e che dire, sono veramente tanta ma tanta roba. Lee Perry, musicista, cantante, produttore, arrangiatore, tecnico del suono dal talento innato…insomma, uno con le strapalle (scomparso recentemente, nel 2021) qui insieme ai suoi Friends (Boris Gardiner al basso, Michael Richards e Sly Dunbar alla batteria, Earl “Chinna” Smith alla chitarra, Keith Sterling alle tastiere e solo per citare alcuni)….Musica (con la m maiuscola) necessaria nel caso vi foste smarriti o abbiate perso di vista il senso di un tutto (facile di questi tempi) ma c’è anche altro….cosa non semplice da spiegare e che “sfugge” anche a noi, album (doppio, fra mix ed extended version…quasi una “raccolta” ma non lo è)…Lee Perry “gioca” con questi brani secondo un proprio sentire, li “riarmonizza”, ci sovraincide suoni e ritmi, riverberi, ne espande le possibilità ma sempre rispettandone un sentire “originale”…il risultato sarà che ogni singola traccia risentirà di influenze diverse, quando reggae, quando rocksteady, ska….tanto soul e tanta buona roots-music. Per comprendere meglio….echi di Bob Marley nella bellissima Brother Love a firma Henrick Nicholson, soul e rocksteady in Let’s Fall In Love (refrain immenso) di Junior Murvin, ancora atmosfere reggae in Roots Train (sempre di Murvin) o nella malinconica Set Yup Yourself a firma The Upsetters (gruppo di cui faceva parte lo stesso Perry)….c’è l’elegante soul di I Never Had It So Good di Jimmy Riley, una splendida Nuh Fi Run It Down (The Upsetters) fino alle atmosfere più scure di Such Is Life (questa come altre in due versioni)….Musica in levare, musica che ci verrebbe quasi da dire “allora un dio esiste malgrado tutto” ma non ci spingeremo fino a tanto…. Black Art From The Black Ark più che un album è un sorprendersi, è un godere da condividere con chi vi è accanto e con il resto di un mondo (anche se non se lo meriterebbe)….è “voi”, è un “senza fretta”, è con un “suo tempo”….è “altro” ma non chiedeteci cosa….Da Roots! è tutto e come sempre buon ascolto (qui o qui).