Interpol – Antics
(2004, Matador Records)
by Simone Rossetti
Che gli Interpol fossero “diversi” lo si intuì già dal loro album di debutto, quel Turn On The Bright Lights pubblicato in un ormai lontanissimo 2002 poi arrivò questo Antics (2004), non un capolavoro ma quell’album “perfetto”, perfetto come equilibrio, compositivamente, come “insieme”, perfetto perchè non più ripetibile. A scanso di equivoci aggiungiamo un’altra cosa, gli Interpol non erano (non sono) i nuovi Joy Division (ai quali sono stati spesso ed ingiustamente accostati), per sound, per testi, per approccio, per un’attitudine figlia di un suo tempo, musica dalle atmosfere molto malinconiche (talvolta aspre) ma pur sempre “pop” e senza dubbio di gran classe ma per capirsi la disperazione dei Joy Division non la ri-troverete qui. Paul Banks alla voce e chitarra, Daniel Kessler alla chitarra, Carlos Dengler al basso e tastiere, Sam Fogarino alla batteria e percussioni; non Salford, Manchester ma New York, nel mezzo un oceano di acqua e “tempi”. 10 pezzi che tanto di cappello, ma anche 10 pezzi che sarà impossibile scindere da un tutto, questo è Antics, o piace (e lo si accetta per quel che è) o non piace perché le “pretese” giustamente potranno essere anche altre ma non lo si può disprezzare. A partire da una sommessa Next Exit per poi spiccare definitivamente il volo con Evil, una tensione che esploderà nel totemico refrain, si ama, una richiesta, frammenti di un vivere; la sensuale e malinconica Narc farà da ponte ad un “trittico” da mozzare il fiato (lasciatevi andare dimenticando per un attimo tutto un resto) Take You On A Cruise, Slow Hands, Not Even Jail e qui potremmo anche concludere se non fosse che poi troverete Public Pervert, C’mere, Lenght Of Love ed una conclusiva e bellissima (riedita) A Time To Be So Small a portarsi via tutto, tutto. Siete Roots! e come sempre buon ascolto (qui o qui).