
Il Dallas – Il Dallas
(2018, autoprodotto)
by Simone Rossetti
“E’ di notte che i pensieri mi graffiano, è di notte che i pensieri mi graffiano, sono gatti incattiviti dalla fame, è di notte che i pensieri mi graffiano, e tu dicevi, che è giusto che capisca” (da La Prospettiva)
Davide Faraon (voce), Antonio Rebuf (basso), Andrea Bolinelli (chitarra), Raffaele Bianco (batteria), Zeno Marchetti (tromba-macchine)
Fate un passo oltre, non semplice, la quotidiana mediocrità, un passo necessario per avvicinarsi a questo debut-album dei Il Dallas, un album che forse poco vi dirà ma qui su Roots! non diamo niente per scontato, c’è (abbiamo, avete) sempre una possibilità, anche quando tutto sembra smarrito e non avere più senso. Detto questo non crediate che vi stiamo parlando di un “capolavoro” o di chissà quale album spacca-classifiche, se si trattasse solo di questo non saremmo nemmeno qui, no, è solo un album che si nutre di questi giorni, di intuizioni che sanno di qualcosa, di questa sub-normalità standardizzata e non è un album facile, ve lo diciamo subito, ma è un bell’album. Arrivano da Treviso e questo Il Dallas è il loro album di debutto, interamente autoprodotto, pubblicato in quello che sembra un ormai lontanissimo 2018, quando ancora il mondo nel suo non-senso aveva un senso o se vogliamo prima che questo suo non-senso ci si presentasse davanti in tutta la sua reale lucidità (ma evidentemente ancora troppo poca). Un suono strano, affascinante, ancora non compiuto, art-rock, elettroniche, psycho-garage, post-punk, alternative, hard-rock, un proto-nulla, lasciate perdere, sono solo etichette di genere, prendetevi Polvere e sparatevela a volumi atomici, di una bellezza deflagrante, spiazzante, aliena, di un intensità malinconicamente vivida, terrena; va detta una cosa, per onestà (visto che recensiamo e parliamo di musica, almeno l’intento è quello), album suonato e registrato ottimamente ma è la voce di Faraon che crea immagini e spazi, non è la classica bella voce (e della quale ce ne fregherebbe anche poco) ma riesce a trasmettere qualcosa che va oltre al testo, oltre alla musica, è ricca di sfumature, è viscerale, è declamatoria, è parlato, è canto, è poesia, è teatralità e per il resto fate voi (uno stile, ci farete notare, che si può riscontrare anche in altri gruppi italiani del passato, ed è vero, ma per una volta preferiamo gustarci questo presente così com’è); La Prospettiva è un’altro pezzo da bignami di questi tempi infausti (no, non parliamo del virus), un proto-hardcore che sale di intensità fino a vette insostenibili, un testo bellissimo ma anche un senso di vuoto che prende alle interiora, che si aggrappa all’anima cercando di non annegare; permetteteci una considerazione (per quel che può valere) fra un brano e l’altro, lo sapete che su Roots! si parla di musica, questo per dire che non ci sarebbe dispiaciuto ascoltare un suono più “ruvido”, forse anche più cattivo, badate che parliamo di suono e non di livello compositivo ed è comunque una considerazione “ad orecchio” e si sa che gli orecchi sono come i gusti, personali; c’è la bellissima Il Cielo Si Fece Abisso, drammatica, violenta con una interpretazione di Faraon che “strega ed incanta” in tutta la sua disperazione, qui si pesta duro, una sezione ritmica incombente che poi si aprirà ad un refrain da togliere il fiato; c’è l’attacco di basso di scuola post-punk che squarcia le tenebre esistenziali di Parole, si può voltare lo sguardo da un’altra parte o ascoltare e sforzarsi di capire, “Per dare un senso alle cose, parole per non capire, annegate in gola, annegate in gola, annegate in gola, parole come macigni o suadenti da strapparti il fiato”. E noi vi lasciamo qui, in questa sospensione che non può che far bene, Il Dallas è un non-luogo, uno spazio indefinito popolato da strane creature animali e personaggi grotteschi che sembrano uscire da un teatro surrealista del secolo scorso, ma è anche magia, alienazione di un presente dal quale non riusciamo a staccarci e a comprendere, un abisso sul quale camminiamo tutti i giorni senza mai guardare in basso, assuefatti ad una ineluttabile fine, ad un’esistenza sotto-vuoto. Originale, sincero, non completamente “a fuoco” ma qualcosa che merita; parliamo anche di cose serie, vendite, classifiche, fama, successo, tutte cose giuste e comprensibili ma i Il Dallas hanno già fatto una loro scelta (una bella ed azzardata scelta), dove li porterà non lo sappiamo, ma è almeno confortante sapere che esistono ancora non-luoghi come Il Dallas dove bersi una birra e ascoltare storie. Da Roots! è tutto e come sempre vi auguriamo un buon ascolto.
Per chi fosse interessato è disponibile anche Il Taccuino Del Dallas (libro+CD) e qui dove potrete ascoltare l’album e fare le vostre scelte). Su Facebook qui.