Roots! n.480 giugno 2022 Herbie Hancock – Head Hunters

Herbie Hancock - Head Hunters

Herbie Hancock – Head Hunters

(1973, Columbia Records)

by Simone Rossetti

Ci sono album ed album e questo è uno di questi. 

1973, New York City; immaginatevi per un attimo di stare passeggiando per le strade del Bronx o di Harlem, ritmi funky, soul, disco music, un’esplosione di colori e suoni in una città “devastata” da mille problemi ma pulsante vita in tutti i suoi estremi e le sue contraddizioni, immaginatevelo e basta, provate ad esserci in quel preciso momento; perché?? Perchè se in quell’ottobre del 1973 questo Head Hunters lo si poteva acquistare in un qualsiasi negozio di dischi dietro l’angolo e farlo girare “a manetta” sul proprio stereo (quindi Ascoltarlo) oggi in tempi asettici e cerebralmente-nulli lo si può solo “respirare”, avete letto bene, respirare. Album praticamente immenso e non lo sarebbe se quel respiro venisse meno, Herbie Hancock al piano Fender Rhodes, Clavinet (a sostituire la chitarra elettrica), synth e flauto, Bennie Maupin ai fiati (sassofoni, clarinetto, flauto), Paul Jackson al basso elettrico, Bill Summers alle percussioni ed un gigantesco Harvey Mason alla batteria (vera e propria linfa vitale a questo lavoro); due brani per lato dal minutaggio non certo breve eppure non se ne avrebbe mai abbastanza perché una volta arrivati alla sua conclusione quell’immaginario finirà e noi insieme a lui. Svolta funky che Hancock aveva già intrapreso nel 1970 con Fat Albert Rotunda spostandosi poi via via su sonorità sempre più elettriche e fusion, Mwandishi del 1971, Crossings 1972, Sextant 1973 (altrettanto faranno Miles Davis ed Ornette Coleman seppur su traiettorie leggermente diverse); cambiavano i tempi, cambiava “un sentire”, cambiava il jazz. Head Hunters arriverà sul finire del 1973 e sarà ancora diverso, ancora altro, ancora “di più”, funky, fusion, disco eppure sempre jazz; ad aprire l’album Chameleon con una prima parte tutta incentrata su di un giro di basso che più funky non si potrebbe poi sarà la batteria di Mason a scandire i singoli soli e che sentire! (dal minuto 7’ e 35” sarà godimento puro così come pura gioia sarà il sax di Maupin); a seguire Watermelon Man brano già presente nell’album Takin’ Off del ’62 (100% hard bop) e qui “quasi” irriconoscibile, una versione riletta, riscritta, ricomposta e riarrangiata per nuovi tempi, per quel “nuovo sentire” (quando si dice il genio). Sul lato B Sly una fusion free-jazz suonata a velocità ipersonica (o meglio, a due velocità) e la conclusiva Vein Melter dove poter finalmente tirare il fiato e lasciarsi andare al suo respiro notturno e malinconico (tanto di cappello al clarinetto di Maupin ed al solito Mason, un “sentire” il ritmo personalissimo, mai scontato o banale anche quando sembra starsene “dietro le quinte”); due parole sull’artwork realizzata da Victor Moscoso e così inconica che personalmente anche a distanza di “secoli” stento a comprenderla del tutto…a voi il piacere. Head Hunters ve lo “spacciamo” proprio così, come se vi incrociassimo all’angolo di un qualsiasi marciapiede del Bronx, è vero non siamo più nel 1973 ma è comunque roba buona, sicuramente meglio di tutti quegli psicofarmaci che oggi legalmente vi spacciano in una farmacia qualsiasi; questa Musica è cibo per l’anima, è redenzione, salvezza (letteralmente), quella possibilità in più che altrimenti non sapreste di avere e che non potrà mai stare dentro ad una confezione di medicinali. Da Roots! è tutto e come sempre buon ascolto (qui o qui). 

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