Roots! n.381 febbraio 2022 Hate & Merda – Ovunque Distruggi

Hate & Merda - Ovunque Distruggi

Hate & Merda – Ovunque Distruggi

(2022, Dio Drone, Toten Schwan Records, Breath Plastic Records)

by Tommaso Salvini

Non è qui il racconto che viene generato dal genere di riferimento, quanto il genere di riferimento asservito alla gioia del racconto; un racconto dove, tuttavia, non c’è gioia: la gioia è solo nella scaltrezza della penna nel descrivere il profondo scoramento di chi compone. La terza prova sulla lunga degli Hate & Merda è, in virtù di quanto enunciato in apertura di recensione, la più matura, la più completa, la più personale, finora prodotta dal duo fiorentino. Si prosegue quindi lungo il solco (solco che pare più una cicatrice) del precedente La Capitale del Male del 2016, con una costruzione più ragionata e meno istintiva rispetto ai loro inizi, pur non perdendo un milligrammo in fatto di rabbia, disperazione e tensione: la maturazione serve come mantenimento ed approfondimento del concetto che sta alla base degli Hate & Merda, un concetto che è pessimismo cosmico, sfiducia, misantropia…Il loro percorso è uno studio profondo che, nel mentre ci si inoltra di disco in disco, si sviluppa con metodo, tecnica e ragion veduta: un’analisi scientifica del male che ci circonda ma che, si badi bene, non è esterno ma dentro ognuno di noi: convinti di fare bene, noi perpetriamo il male, un male che si ripercuote, in ultima istanza, solo su noi stessi medesimi. Se il male ci circonda è solo perché siamo circondati dai nostri simili. Una breve intro, breve come il tempo impiegato nel recidersi le vene del polso, frastagliata, piagata da interruzioni di feedback e saturazioni distorte, e siamo sconvolti dall’attacco di Zoster: un synth, un ostinato di chitarra e l’atmosfera è già da scena dell’omicidio: la sagoma di un cadavere è disegnata con un gessetto, una pozza di sangue, la tangibile tensione emotiva di chi osserva; le percussioni irrompono, tribali, disumane e, quando la chitarra si fa distorsione ed esplode in un riff metal in palm muting piovono maledizioni “…Che la peste vi cancelli, Che un terremoto vi distrugga, Che il male vi sommerga E che un incendio vi riduca in cenere, Che tutti sprofondiate nell’abisso senza redenzione…”. La voce è parlata, viziosa, maledetta: il narrato dei Massimo Volume, fatto di piccoli gesti quotidiani, descrizioni di attimi e piccoli pensieri, qui si tinge di oscuro maleficio, dimostrando che, in quei piccoli gesti quotidiani, in quelle descrizioni di attimi, in quei piccoli gesti quotidiani, in realtà alberga la natura del male. La canzone quindi esplode davvero: riff oscuri, sospesi in un abisso caotico e, quando si ritorna sul palm muting, la maledizione, da umana che era, diventa divina: adesso è la blasfemia che si impossessa della voce conducendola verso una condanna che, oltre che attaccare il vivere comune, ora attacca anche il credo: preghiere, santi, divinità, tutto gettato nel calderone a bollire nel nero odio degli Hate & Merda. Il finale è devastato, si torna su fischi di feedback e dolore, con la batteria che spinge però ancora più decisa e risoluta. Tutto si conclude in una chitarra pulita ma sempre disperata che, in lenta processione, ci accompagna verso gli inferi dei nostri atti mancati “Tutti, maledetti tutti!!!”. Lo sludge di Andrà Tutto Muori mi prende a schiaffi come si deve e mi predispone con dovizia all’urlo che lo interrompe all’improvviso, a tradimento “Sono condannato e sono qui per spaventarti a morte!”. Il resto dello svolgimento è pura furia Punk Hardcore macchiata di Black Metal e intervallata da mid tempo al cardiopalma, una cavalcata senza freni verso il precipizio dell’angoscia e della perdizione, tra urla e devastazione psichica; pare dunque un gesto quasi umano l’inframezzo Post-Rock di Ovunque dove le atmosfere più cupe dei Godspeed You Black Emperor la fanno da padrone. Questo inframezzo può sembrare anche una gentile concessione, un gesto di misericordia a fronte del brutale attacco dei primi tre pezzi di Ovunque Distruggi ma in realtà somiglia molto di più all’ultima sigaretta concessa al condannato a morte: Un Coltello Sotto Al Letto Divide il Dolore in Due ci riporta tosto alla nostra condizione: stretti nella morsa di un vivere invivibile e che continuiamo a condire con un ottimismo che non ha più niente di spontaneo ma solo artefatto; un punk hardcore drogato di Unsane, rabbioso ma estremamente tecnico. Stesso discorso per Peculiar Cerbero, che con la traccia precedente sigla un 1-2 pugilistico che ci lascia esanimi al tappeto, forzati a sanguinare, ad infettarci, a morire…e finalmente è Cardiode, piccolo capolavoro di scrittura e, per me, picco dell’intero disco: battito cardiaco simulato con sopra, di nuovo, un Emidio Clementi in preda alla paura di morire: qui si invoca Dio e si invoca in vano, in un parlato preso nel raccontare una crisi cardiaca; quando tutto esplode, tra rumori, batteria disordinata e un finale Thrash Metal dalle armonie soffocate, ormai tutto è perduto, finito, stracciato, chiuso: lasciate ogni speranza, poiché speranza qui non trova albergo. Sotto Voce riporta tutto su di un post rock dalle trame oscure e disforiche; una dolcezza malinconica che accarezza con un guanto di spine e carta vetrata…una composizione più rilassata rispetto a quello che la ha preceduta che sottolinea, nel caso non fosse ancora chiaro, la bontà della proposta nel suo insieme: un insieme eterogeneo ma motivato da un’idea solida di base, dimostrazione che, quando si ha un pensiero lucido ed una direzione precisa, ci si possa permettere di girovagare, ispirati, nei vari ambiti della musica, attingere un po’ da qualsiasi recipiente solo gli elementi che servono per dimostrare una tesi e, pur variando, non contraddirsi mai o peccare di presunzione. Il finale di Incontrivertibile è solo logica conseguenza: ancora gli Unsane, ancora Punk Hardcore, ancora tribalismi come percussioni, ancora fantasmi, ancora incubi, ancora “non c’è alcuna via di uscita”…Un disco sul quale c’è poco da ridire e tanto, ma veramente tanto, da ascoltare, analizzare e mandare a memoria. Una testimonianza importante, un’ultima parola sugli ultimi due anni di questo tempo-linea che non a caso è toccato ad un gruppo chiamato Hate & Merda dover pronunciare…con risultati felicissimi, questo senza dubbio. Da Roots! è tutto e come sempre buon ascolto (qui).

Hate & Merda

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