
Gufonero – Ipnagogico
(2021, Annoying Records, Sonatine Produzioni, Drown Within Records, Shove Records, ¡ZAS! Autoproduzioni, Home Mort, Fresh Outbreak, Volmer Industries, The Fucking Clinica, Little Naples)
by Tommaso Salvini
C’è stato un periodo della mia vita in cui avevo problemi col sonno. Verso le 9 di sera venivo preso da degli attacchi di stanchezza improvvisi; in uno stato di semi incoscienza mi buttavo sul letto e a mezzanotte ero di nuovo perfettamente sveglio: l’ansia e l’angoscia prendevano il sopravvento e non riuscivo più a chiudere occhio. Il resto della giornata, ovvero tutto quello che seguiva il non-risveglio (quel gesto meccanico di alzarsi dal letto dopo una notte insonne al suono della sveglia, come se ci si volesse illudere di aver dormito davvero) dal non-sonno, era solo dormiveglia, uno stato di alterata percezione dove si inizia a, e si finisce per, confondere quello che succede davvero con quello che succede solo nel sogno. Dieci anni precisi dopo esce questo disco che mi aiuta a ricordare quei giorni che non erano giorni, quelle sensazioni che non erano sensazioni e quelle impressioni che non erano impressioni. Un disco che, nelle sua staticità panica, rievoca brutti ricordi di brutti periodi? No, per niente; a dirla tutta rimpiango un po’ quell’incapacità di distinguere tra il sognato ed il vissuto e, in fin dei conti, vorrei possederlo di nuovo oggi quel senso di smarrimento della percezione…Un basso pesante come un macigno, una batteria marziale, semplice, monolitica; un incubo migliore del più bel sogno, poiché si mescola con la realtà introducendovi materia composta di memorie disordinate e suoni a bassa risoluzione. I Man Is The Bastard come primo riferimento in un tragitto percorso di notte, a occhi aperti, e di giorno, a occhi ovviamente chiusi. Rumori di sottofondo tra pezzo e pezzo, nello svolgimento del pezzo stesso, urla, sudore, angoscia, ma anche rabbia, reazione, cattiveria. Che sia dunque nello stato di semi-incoscienza che ci si realizzi davvero come esseri umani veri, senza sovrastrutture, senza morale, senza quei vestiti logori da rispettabile cittadino?
“Al sorgere del sole, nulla è come prima”
Scoperto è già una condizione da tre passi e poi il delirio: un delirio Lovecraftiano e liberatorio, uno scossone a tempo di lenta marcia verso la forca, una forca che, dal cappio del boia, ci libererà da noi stessi o, meglio detto, da quell’inutile personaggio che ci siamo costruiti addosso. Il pezzo si interrompe all’improvviso e lascia spazio a Destanze, pezzo già più dinamico del primo ma “quelle mura sono ancora lì” e quindi il pantano creato dal basso intrappola ancora gli arti e i pensieri “…dovremmo bruciare quelle gabbie. Voglio riaprire gli occhi. Ora!” ma si rimane comunque intrappolati nell’inferno di Abbaglio: brano breve e tormentato, un rendersi conto di non riuscire più a rendersi conto di niente e accorgersi che “rendersi conto” è solo un’altra trappola ordita dal Freudiano Super-Io ai danni del Io. Questo è un disco dal quale non si esce vivi, per fortuna, e Assenze ne è la dimostrazione: uno sludge per batteria, basso e scoramento, un ballo decadente intorno alla propria lapide “credevo fosse un incubo: le gambe stese, sono immobili e dure (…) desiderio o paura?”. Non ho mai letto parole che riescano a descrivere meglio la condizione da “Paralisi del sonno” di queste; non ho mai sentito suoni così appropriati nel tentativo di rappresentarla in forma musicale. “…voglio addormentarmi, ora! Riprendere in mano un sogno per cancellare l’incubo del presente…” in Polaroid si tenta ancora la fuga, in un cadenzato ai limiti della rovina sonora, tra suoni saturi e dialoghi felicissimi tra basso e batteria, dalla realtà, ormai incubo, attraverso il sogno, unica e sola possibile via di fuga. Un’altra riflessione che mi impone questo disco è come si riesca ad attualizzare quello che è stato, ed ha significato, l’hardcore punk italiano degli anni ’80: i Man Is The Bastard sono certamente un punto di riferimento fisso per tutto lo scorrimento di Ipnagogico, ma in fin dei conti, c’è molto di più. Quel senso di irruenza emotiva, quel “Chaos Non Musica” che qui torna come marchio di fabbrica..l’ermetismo, la bassa fedeltà nel suono come tratto distintivo, quel senso come di pareti che franano di fronte a paranoie e traumi generati dal vissuto e dal sofferto che ne consegue; questo disco sembra più vantare parentele con lo sfacelo di Libero Di Vivere, Libero Di Morire dei Wretched, quella tempesta di emozioni che è Osservati Dall’Inganno degli Indigesti e quel senso di dannazione eterna racchiuso in Eresia dei Declino…Si arriva dunque in fondo “Abbiamo iniziato insieme e così finiremo” due marce quasi trionfali, Legami e Palpitazioni, trionfalmente macabre: due poderosi monumenti fatti di assenze, atti mancati, incomunicabilità: la solitudine dell’essere umano moderno si sublima nel sogno; un sogno che è, certamente, rielaborazione del vissuto ma che non riesce a staccarsi da questo in tutto e per tutto “Avverto una presenza, sento una voce, ma non sei tu”
Sogno? Realtà? Visione?
Quello che manca nel concreto cerca di essere ricreato nella condizione del dormiveglia ma l’esperimento fallisce. E si chiude così, questo sogno/incubo e questo disco: nel sogno i desideri non si avverano. Si infrangono in forma definitiva…E, se si è infelici, si è infelici sempre. Anche nei voli ipnagogici della mente.
Da Roots! è tutto e come sempre buon ascolto (qui).
Gufonero (Trento): Andrea (drums/noises/vocals voice), Marcella (bass, trogos, vocals)