
Gregory Porter – Liquid Spirit
(2013, Blue Note)
by Simone Rossetti
Questo “omone” che almeno pubblicamente indossa sempre uno strano cappello a coprirgli orecchie e mento altro non è che Gregory Porter il quale a differenza di me un dono lo ha avuto ed è quello di una voce a dir poco superba. Avrete sicuramente già sentito parlare di lui (2 Grammy Award, uno per questo Liquid Spirit del 2013 l’altro per il successivo Take Me To The Alley del 2016)….Insomma, non proprio l’ultimo arrivato ma anche una personalità riservata, eclettica (del tipo “canto ma mi faccio i cazzi miei e non rompetemi le palle”….in questo molto Monkiano). Di un dono, anzi, di due doni….se il primo è la voce il secondo è quello di una sensibilità musicale che gli ha permesso di non restare confinato ad un ambito solo jazzistico ma di aprirsi (adattarsi?) al soul, alle “asprezze” del funky, all’easy-listening, al pop più elegante e raffinato….insomma cantasse anche Viva La Pappa Col Pomodoro di Rita Pavone ne verrebbe fuori un capolavoro (senza nulla togliere a Rita che un suo lo ha fatto). Questo Liquid Spirit è tanta roba e lo è sia per i brani che per questa voce “black” immensa, molto anni ’70 (ci ricorda un pò quella di un altro grande vocalist Joe Lee Wilson) ma senza la “retorica” di quegli anni, più moderna, più (volenti o nolenti) “pop”. Fra i pezzi che preferiamo le atmosfere modali di No Love Dying, di Lonesome Lover (a firma Abbey Lincoln e Max Roach), di The “In” Crowd ma anche l’eleganza di Water Under Bridges, di Hey Laura, di When Love Was King, della conclusiva I Fall In Love Too Easily….Perché “un dono” non basta ma bisogna anche saperlo “coltivare”, proteggerlo, tenerlo “al riparo” da un’industria musicale tritatutto e che non si fa certo scrupoli di fronte ad un usa e getta….e Gregory Porter lo fa a modo suo, con uno stile che forse mal si adatta a questi tempi dove tutto diventa pasto da social….e allora tanto di cappello (è proprio il caso di dirlo). Da Roots! è tutto e come sempre buon ascolto (qui o qui).