
Fade In Trio – Live Fast, Die A Legend
(2022, Clean Feed Records)
by Simone Rossetti
“Il solito, grazie”
…..No, non ci riferiamo al classico caffè di inizio giornata ma al jazz, a quella musica “genere?” che in un suo scorrere “temporale” si è sempre evoluta in altro….mai a caso, mai senza la consapevolezza di un qualcosa (tempi) in divenire…..pensate al primissimo jazz, quello delle marching bands di New Orleans agli inizi degli anni ’20 del secolo scorso, pensate al bebop, all’hard bop, al cool jazz degli anni ‘50 ed ancora al free jazz degli anni ’60 e ’70, al jazz elettrico, alla fusion, alle avanguardie più sperimentali degli anni ’80, al jazz-core degli anni ’90….e oggi??? Oggi c’è l’aperijazz, buono per tutte le occasioni, non disturba e si consuma senza troppo pensare/ascoltare (tanto sarà insignificante anche quello che avranno da dirvi gli altri seduti al tavolo insieme a voi)…..Non sempre è così, c’è ancora chi questa Musica la fa propria e la vive…condivide….eppure, eppure la sensazione (anche nel caso di questo bellissimo Live Fast, Die A Legend) è quella di stare ascoltando un qualcosa di “già detto”, qualcosa di appartenente ad un altro tempo….fermi, ci arriveremo a modo nostro e con tutta calma…..Questi ragazzi osano, non si risparmiano, un jazz free-form destrutturato ed in continuo movimento…l’incedere “sbilenco” di Felina vi riporterà alle composizioni di Eric Dolphy ma anche a quell’osare “ostinato” di Steve Lacy (e da qui ad un Thelonious Monk il passo sarà breve)….splendido il contrabbasso suonato con l’archetto dal bravissimo Pietro Elia Barcellona nella notturna Requiem, un sentire che avevamo riposto in un vecchio armadio (mai più riaperto) degli anni ’70. Interazione perfetta, pancia e tecnica (tanta ma mai fine a se stessa e necessaria a dare una ciclicità ad un tutto)…non solo, i Fade In Trio si prendono (o lasciano, e questa cosa ci piace) che un “tempo” faccia un resto….tempo come respiro, onnivoro. Perpendicular Reality è un altro brano di avant-jazz senza una metrica ben precisa ma dove la batteria (ed oggettistica varia) di Marco Luparia “colorerà” spazi vuoti quanto mai vitali…e se ne resta affascinati….Bel dialogo batteria-clarinetto (clarinetto e clarinetto basso di Federico Calcagno e tanto di cappello) in L’Esterofilo dalle “armo-lodie” Monkiane in un ostinato inseguirsi e ripetersi…..c’è il crescendo fino ad una sua implosione di Oh, Amygdala perché spingersi oltre sarà compito arduo (non impossibile, da provarci…) e Tachykinesia con una lunga intro lasciata al solo clarinetto di Calcagno (notevole ma dimenticatevi la classica melodia forma-canzone) fino all’entrata di “prepotenza” della sezione ritmica e da qui in poi il brano spiccherà definitivamente il volo verso altri lidi (su questo ci ritorneremo). Va bene, non vogliamo rovinarvi il piacere e la sorpresa di scoprire questo album con le vostre orecchie (sempre personali e non discutibili) ma un paio di considerazioni le vogliamo ugualmente fare, molto liberamente e serenamente…….Se vi avvicinate al jazz per la prima volta (c’è sempre una prima volta) sappiate che troverete questo lavoro un po’ ostico…non mollate e per due semplici e banali motivi…il primo è che si tratta comunque di jazz, una sua “variabile” (ne troverete di altre e comprenderete meglio)….la seconda è che ne varrà la pena, dategli solo un suo tempo….Poi è vero, già negli anni ’60 Ornette Coleman suonava qualcosa di simile (l’iniziale Enneadecaedro) e quasi un decennio dopo i Lounge Lizards…. ma c’è poco da fare, questi sono i tempi o meglio, non sono questi i tempi per aspettarsi una ri-evoluzione stilistica (vale per il jazz, il rock, l’hardcore o altro)……viviamo in una situazione di stallo, apparentemente infinito ma si sa mai, l’importante è che questo “prima” resti materia viva, ancora plasmabile, pulsante…..e questo Live Fast, Die A Legend lo è (anche se già scritto e riscritto)…..ma a questo punto ci (e gli) chiediamo, perché non osare di più? No, osare non è la parola adatta…perché non lasciare che queste “radici” crescano liberamente secondo un “loro” sentire anziché un nostro? Radici che sanno “ascoltare” questi tempi ed un divenire meglio di noi…Da Roots! è tutto e come sempre buon ascolto (qui o qui) .
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