Roots! n.476 giugno 2022 Don Cherry – “Mu” (First Part and Second Part)

Don Cherry - “Mu” First Part
Don Cherry - “Mu" Second Part

Don Cherry – “Mu” (First Part and Second Part)

(1969, BYG Records)

by Simone Rossetti

Prologo (e sennò che ci stiamo a fare?):

First Part e Second Part; due album in realtà provenienti da un’unica sessione (22 agosto 1969) presso lo Studio Saravah in quel di Parigi. Don Cherry alla pocket trumpet, piano e flauto indiano ed un gigantesco Ed Blackwell alla batteria.

Segue (qualcosa, altro):

Ascolto ostico, non ve lo nascondiamo ma di immensa bellezza; Don Cherry (1936 – 1995) uno dei pochi che al pari di Miles Davis (se non di più) prenderà il jazz (jazz come Musica) per portarlo altrove e poi Ed Blackwell (1929 – 1992) batterista stratosferico (già al fianco di Ornette Coleman e nel quartetto Old And New Dreams insieme allo stesso Cherry, Charlie Haden, Dewey Redman) dal groove scarno, secco, potente, influenzato da ritmi e rituali afro, magia pura. E’ free jazz? No non lo è se non come etichetta di una naturale evoluzione storica del jazz stesso, preferiamo dirvi che si tratta semplicemente di musica, Arte nel momento stesso della sua creazione, libera e senza compromessi. Ascolto ostico quindi (considerazione quanto mai stupida, di ostico ci siamo solo noi ed un nostro “porsi”); Brillant Action apre una First Part dalle atmosfere molto Colemaniane, pancia e budella su ritmi tiratissimi ma già in Omejelo Cherry lascerà la tromba per passare al flauto indiano e portarci altrove (e con un Blackwell da togliere il fiato) mentre Total Vibration (suddivisa in due parti) e Sun Of The East torneranno su atmosfere più classicamente “free” cercando sbocchi creativi non convenzionali, piccole intuizioni, cambi di direzione, un tornare indietro per spingersi oltre, un oltre che arriverà con Terrestrial Beings, Cherry al piano, Blackwell “dietro le quinte”, fra citazioni classico-contemporanee ed un blues cupo come questi tempi, nessuna redenzione e forse è quello che ci meritiamo di fronte a tale bellezza. The Mysticism Of My Sound aprirà la Second Part di questo “Mu” con Cherry di nuovo al piano in-seguendo questa volta traiettorie Monkiane in un saliscendi sghembo e destrutturato (ma qui siamo di parte, a voi un proprio sentire) ed a seguire un Medley suddiviso in tre parti dall’approccio più sperimentale, una bellissima e malinconica Teo-Teo-Can che esploderà nella successiva Smiling Faces Going Places (ancora Coleman, ancora Cherry alla pocket trumpet, ancora un Blackwell senza freni) e si conclude sulle note di piano di una dolcissima Baby Rest, Time For.. improvvisa, spiazzante, no non è jazz, non può esserlo (?).

Epilogo (brutto, lo riconosciamo):

Più o meno sapete cosa vi aspetta, onestamente e forse anche per nostre mancanze non sapremmo cos’altro aggiungere che non sia banale o di già detto, “Mu” non è un album nel senso classico ma il resoconto di una grande session fra due artisti immensi che nello stesso momento e luogo dialogano, si confrontano, si studiano senza nulla a perdere ma in totale armonia con se stessi e con un mondo (siamo nel 1969) ancora tutto in divenire. Ora tocca a voi, da Roots! è tutto e come sempre buon ascolto (qui in extended version o qui “Mu” First Part“Mu” Second Part).

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