
Deep Valley Blues – III
(2021, The Swamp Records)
by Simone Rossetti
Catanzaro, Louisiana; terra di blues ma anche di un roccioso stoner-rock (Eyehategod, Acid Bath, Crowbar tanto per fare qualche nome), un suono ed un groove al quale attingeranno i catanzaresi Deep Valley Blues nella più classica e migliore tradizione ed ecco, forse, l’unico limite, quello di un genere che purtroppo ma inevitabilmente si è oramai “classicizzato” su determinati standard stilistici, in parole povere lo stoner “è questo”, poi possiamo parlare di stoner-sludge, di stoner-metal, di stoner-doom ma la sostanza non cambia; la verità “è” che quando è suonato bene (come in questo caso) sa essere ancora un bel sentire ed al quale fare sempre piacevolmente ritorno. III, come avrete intuito dal titolo è il loro terzo lavoro in studio (registrato in presa diretta, cosa che si “sente” e ci fa enormemente piacere/godere) e pubblicato per la label statunitense The Swamp Records; Giando Sestito al basso e voce, Umberto Arena alla chitarra e cori, Alessandro Morrone alla chitarra e Giorgio Faini alla batteria (ricordiamo anche Marco Veraldi all’armonica e cori e Franco Merante al basso nella conclusiva Mum Darkwoods). Album “complesso” e se vogliamo anche coraggioso non tanto musicalmente quanto per le tematiche affrontate nei testi (in parte ispirati dalla letteratura di Edgar Allan Poe e H.P. Lovecraft), un confrontarsi con quelle che sono le nostre (un prodotto di questo sistema?) umane miserie, dipendenze, fobie, perdite ed assenze, quel “mal di vivere” che da sempre si nasconde negli angoli più remoti della nostra psiche (la bella artwork in tal senso è emblematica). Piccole intuizioni ed è proprio da queste che partiremo cercando così di evitare i soliti luoghi comuni; l’armonica che si ascolta nell’iniziale Epitaph (Noir Ballad), un pezzo strumentale (verrà poi ripreso in una versione anche cantata) zuppo di riff degni dei migliori Black Sabbath, un bel sentire; la devastante sezione ritmica di Bronco Buster, una melma infernale venata di soul (questa si una bella sorpresa), ancora, il proto-metal di Smokey Mountain Woods, sempre notevole la voce di Sestito potente e scura (dimenticatevi lustrini, ricchi premi e smorfie varie, qui si bada “a’i lesso” come si usa dire da queste parti); atmosfere che si faranno più rarefatte nella bella Talisman, una ballata elettrica che ridurre a semplice stoner sarebbe riduttivo ma tanto di cappello. Discorso a parte merita Maschere unico brano con testo in italiano, amarissimo e crudo ma che lasciamo a voi il piacere di scoprire (ed anche di scoprire che lo stoner/hard rock si può cantare in italiano); c’è la Reprise di Epitaph a ricordarci “dove e come” tutto ebbe inizio, Mississippi, un crocicchio, Robert Johnson, il diavolo, tanta roba ma è con la conclusiva Mum Darkwoods (dedicated to…) che questi ragazzi si (e ci) supereranno, non vogliamo anticiparvi nulla tanto sappiamo che alla fine si tratta pur sempre di gusti personali poco discutibili ma “dedicata” a chi ce lo siamo chiesto, due assenze, due mancanze e la vita nel suo scorrere. Per concludere, questo III è un lavoro che sa colpire dritto alla pancia, mai banale o scontato, nessuna concessione, inevitabilmente derivativo ma con delle buone intuizioni e suonato alla grande ma soprattutto, cosa rara di questi tempi, crudo ed onesto fin nel midollo; da Catanzaro, Louisiana è tutto e come sempre buon ascolto (qui).