
Death In June – The Guilty Have No Pride
(1983, New European Recordings)
by Simone Rossetti
Strana creatura questi Death In June, strana e controversa, bollati grossolanamente (ed ipocritamente) di apologia al nazismo per alcuni riferimenti all’iconografia della Germania nazionalsocialista e per i loro testi (in realtà quanto mai criptici); chiariamo, i Death In June non faranno altro che ripercorrere gli orrori del passato e quelli di un futuro prossimo a venire, la fine di un occidente “senza più valori e ideali” (stiamo parlando dei primi anni ’80); in realtà oggi è molto peggio perchè a quel “senza” si è sostituito un ben più “appagante e rassicurante” nulla. I Death In June restano comunque una creatura quanto mai oscura, notturna, refrattaria alla luce, proveniente da un mondo arcano non sempre accessibile; si formarono in Inghilterra nel 1981 inizialmente come trio (questo per un breve periodo poi non lo saranno più), anima e mente del progetto sarà Douglas Pearce a cui si aggiungeranno Patrick Leagas e Tony Wakeford, precursori del neo folk o folk apocalittico ma non ancora in questo lavoro ed ecco perchè lo abbiamo scelto fra i tanti (tantissimi) album a loro nome pubblicati sino ad oggi; perchè è il loro primo album, perchè è ancora sinceramente post-punk ma già proiettato verso quello che sarà il loro futuro suono, perchè è ancora un lavoro “grezzo e minimalista” ed infine perchè sono ancora un trio prima di diventare creatura del solo Pearce (non che cambi molto la sostanza ma comunque in questo 1983 erano ancora una band). Detto questo avviciniamoci all’ascolto di questo lavoro; non è ostico o almeno non lo è più di quanto lo potrebbe essere un qualsiasi altro album, richiede solo di mettere da parte una certa diffidenza iniziale, è un oscurità quasi indecifrabile quella che vi aspetta, un luogo fatto di ombre ed arcane litanie, affascinante ma anche “svuotante” emozionalmente; post-punk “ancora”, la voce di Pearce potrà ricordare per toni e cadenze quella di Ian Curtis dei Joy Division ma già si percepisce una personalità/approccio “diverse”, lo stesso dicasi per le sonorità, in particolare la sezione ritmica ed un “climax” distaccato e claustrofobico. The Guilty Have No Pride (Edizione CD del 2006) apre le danze con Till The Living Flesh Is Burned, pezzo crepuscolare e straniante, basso persistente e ritmica quasi tribale mentre Pearce declama “In the teeth of life you die, in the jaws of death you live”, un bel colpo e si prosegue con quella che riteniamo un piccolo capolavoro (piccolo e niente di più), All Alone In Her Nirvana, tiratissima e sostenuta da un refrain spacca-anima, è un brano alienante ed a tratti “disturbante” ma di una bellezza che solo pochi possono permettersi; anche la successiva State Laughter non vi lascerà indifferenti ma sarà con Nothing Changes, altra piccola ed oscura gemma di inestimabile e fragile bellezza, che i Death In June vi porteranno definitivamente “altrove” (ed in parte ai The Cure di Pornography); si prosegue con Nation e la titletrack due buoni pezzi strumentali ma niente di più mentre le successive Heaven Street, In The Night Time e We Drive East torneranno su più classici sentieri post-punk sempre molto evocativi e per concludere un ultimo e disarmante “diamante occulto”, la bellissima Holy Water con un refrain veramente toccante mentre il tutto vi suonerà glaciale e lontano. Questi sono i Death In June ma forse dovremmo dire “erano”, comunque la si voglia mettere è una musica (un album) che non vi lascerà indifferenti sia che amiate certe sonorità sia il contrario, un viaggio ai confini di un orrore e di una solitudine che da sempre ci accompagnano e non vi è ricetta o medicina che ne possano alleviare il dolore e senso di vuoto se non quella (unicamente personale) di non aver paura di esplorare e capire, forse l’unico modo per rendere questo fottuto presente almeno un pò migliore. Da Roots! è tutto e come sempre buon ascolto (qui o qui).