
Cristian D’Oria – Bile
(2023, Moquette Records)
by Simone Rossetti
C’è un momento giusto per ogni cosa (e dal momento che qui ci arriviamo puntualmente in ritardo alla fine ce ne siamo fatti una ragione )……Abbiamo ascoltato questo EP di debutto a firma Cristian D’Oria (nome che a qualcuno suonerà già familiare….Paradisi Noir, Hotel Inferno) qualche settimana fa ma che poi abbiamo lasciato “in sospeso” perché…..perché non lo sappiamo bene nemmeno noi ma meglio così, ne sarebbe uscito fuori solo qualcosa di “plasticoso”, una compiacente lista della spesa e niente più….la verità è che non era il momento e basta (non eravamo pronti noi). Lo abbiamo “ripescato” in questi giorni incerti, incerti per noi e come al solito anche per questo fottuto mondo e così eccoci qui, molto serenamente e liberamente, a parlarvi di un album che ha un qualcosa di “diverso”, sfuggente, notturno. 6 brani realizzati durante il periodo “pandemico” e che risentiranno molto di una condizione umana “violata”, ingabbiata, disorientata fra slogan buonisti ed ipocrite imposizioni (poi ciascuno la penserà come vuole).
“Se fossi dio non esiterei, a radere al suolo questo mondo, covo di disperazione unica, nido di tristezza e lacrime di vanità” (da Se Fossi Dio)
Cristian alla voce e piano qui accompagnato da musicisti di tutto rispetto (Katia Di Giulio al violino, Marco Carusino alle chitarre, Alessandro Deidda alla batteria, DMT alle chitarre e percussioni, Vladimiro Grassini al basso solo per citare alcuni), un cantautorato italiano che almeno alle nostre miserrime orecchie sembra muoversi “incerto” fra un Paolo Conte ed un Tom Waits ma in una rilettura molto più amara e purtroppo attuale (se la pandemia è “a Loro dire” finita non lo sono le conseguenze). Ci si perde così nella bellissima malinconia di Ginevra, nella disperazione di Mi Odi, nel blues demoniaco di Maelstrom, nella crudissima La Ballata Dell’Uomo Nero fino a Come Il Diavolo “Quando sarai giunto all’inferno, ricordati di, comportarti come il diavolo”. Bile non è propriamente quello che si potrebbe “passare/raccontare” come un album “facile” (fortunatamente) ma nemmeno così ostico (….vi ci ritroverete facilmente), l’unica cosa che un po’ ci “dispiace” (ma è solo perché siamo disfunzionali noi) sono gli arrangiamenti, intendiamoci, ottimi ma forse si poteva osare un qualcosa di più, qualcosa di meno “convenzionale”….a prescindere scelte artistiche non discutibili e noi siamo qui solo “per uno sfortunato caso del destino”….Bile fa male (o bene, punti di vista) ma potrebbe farlo ancora di più e ci auguriamo che “così sia” perché ce n’è e ce ne sarà più bisogno che mai (anche se vi racconteranno altro). Da Roots! è tutto e come sempre buon ascolto (qui o qui).