Roots! n.622 gennaio 2023 Buster Williams – Pinnacle

Buster Williams - Pinnacle

Buster Williams – Pinnacle

(1975, Muse Records)

by Simone Rossetti

Una musica costruita su movimenti circolari e ciclici leggermente disarmonici legati fra loro più da una orchestralità d’insieme che dalla tecnica del singolo. Il risultato sarà potente, spiazzante….fusion, jazz, funky, soul ma in una forma (approccio) ancora tutta in divenire, avanti anni eppure ferma a quell’attimo come fosse ora.” (Roots!…a scanso di equivoci abbiamo usato le virgolette…sia mai detto che qualcuno abbia di che ridire.)

Se ci pensate bene (sempre che a qualcuno interessi ancora pensare ma visti i tempi non è indispensabile) esiste una differenza enorme fra quello che ascoltiamo (crediamo di ascoltare) e quello che poi recepiamo….Non è la stessa cosa, l’ascolto (statico) può essere piacevole o meno ma quello che recepiamo/realizziamo no, questo in qualche modo resta ed al di la di un piacevole o meno lascierà un segno non indifferente, instabile e nel tempo in continua evoluzione. Siamo tornati nel 1975 e sempre per puro caso….Pinnacle album di debutto a firma Buster Williams contrabbassista e compositore che tanto di cappello….un lavoro tutt’altro che “semplice” (sia per i neofiti del jazz sia per chi crede di averlo “già nelle orecchie”)…..ostico quanto superbo, quello di cui necessita è solo di un proprio e vostro tempo ma ne varrà veramente la pena (ed in questo caso anche di una nostra penna). Lavoro corale con una sezione ritmica a scandire i vari cambi di “stile” che non vi darà tregua (Billy Hart alla batteria e Onaje Allan Gumbs al piano elettrico) ed una sezione fiati di tutto rispetto (Sonny Fortune, Earl Turbinton e Woody Shaw)…Un suono dissonante, destrutturato, “estremo” ma mai lasciato al caso….dall’iniziale The Hump introdotta dal basso fender di Williams e che sarà già un sentire diverso, “strano”, funky ma con qualcosa di “disturbante” difficile da spiegare (un blues che dilania per respiro e classe) all’intro di Noble Ego a riassumere tutto questo cazzo di fottuto mondo e poi via con canti dalle radici africane in un turbinio di suoni e colori (fusion/jazz) da mozzare il fiato (la batteria immensa di Hart a duettare con il contrabbasso di Williams è veramente tanta roba)…..ed ancora la notturna titletrack in un continuo evolvere (ma sempre ciclico) che lasciamo a voi il piacere di scoprire, Tayamisha dagli echi Coltraniani ed infine la malinconica Batuki con improvvisi cambi di tempo e ripartenze e che sentire! (la tromba di Woody Shaw, le variazioni ritmiche di Hart, il jazz che di nuovo si aprirà al funky alla fusion e chissà ancora a quanto altro)….Dal momento che qui non “consigliamo” nulla ci chiediamo del perché ci ostiniamo a scrivere….perché il bello (e l’inutile) di Roots! è che leggere non basta ma bisogna saper leggere fra le righe…..Ora sapete cosa fare e come sempre buon ascolto (qui o qui).   

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