Roots! n.431 aprile 2022 Autorock – Unknown Movie

Autorock - Unknown Movie

Autorock – Unknown Movie

(2022, Nightrain Records)

by Tommaso Salvini

Un rumore notturno e sporco, come di grilli in una notte d’estate introduce note di piano struggenti, in minore. Una resa solenne che cerca solo tregua, una volontà di pace dopo secoli di guerra. Mother, prima traccia introduttiva a questo Unknown Movie, seconda prova dei liguri Autorock (del loro primo lavoro ne abbiamo parlato qui), apre l’intero discorso disegnando una dimensione irreale e più accostabile all’onirico che al reale. E l’irrealtà permane in Earth, che col suo Synth ambientale ed un rumore d’onde che si infrangono placide su di una scogliera traccia mappe di territori mai visti: inquietanti ma familiari, dolorosi alla vista ma vicini al sentire; un sentire figlio del vivere, un vivere che è dolore e piacere insieme, poiché il bel sentire, senza il suo contrario, non è più vivere ma solo morire; questo gli Autorock lo sanno bene e cercano, riuscendoci, di descrivere la vita nella sua interezza: male e bene, un continuo incrocio di traiettorie che vorrebbero non incontrarsi ma che i rapporti umani costringono a convergere. Pain Cave è una pausa di due minuti, uno stanco ed annoiato osservare le altrui vite: routine scandite da un battito meccanico ed un loop alieno, dove alieno sta per estraneo, lontano, distante…il non riconoscersi più nel prossimo, condizione ormai comune a molti. A troppi. Piedi di nuovo per terra e nervi tesi in Black Wolf, un ostinato di basso e batteria ipnotica, con una voce austera che, in un inglese ferreo, traduce in verbo sensazioni di paura e solitudine; campionamenti estrapolati da chissà quale scena di vita comune, rumori meccanici, un pianoforte rotto suona una composizione per speranze interrotte, mentre un synth cupo e maledetto si fa strada in un tragitto fatto di abbandono e rinuncia. Perpetual Room è una sala di attesa dove attendere significa fermare la propria esistenza ad un attimo continuamente ripetuto: sospendere tutto, fermarsi, sedersi e non pensare; continuare a fissare un punto impreciso nella stanza e dissolversi…dissolversi fino al punto di non fare più ritorno, perennemente cullati in un ricordo, dolce, tenero, dal retrogusto infantile: il post rock languido di Summer Night On The Lunar Sea è un’alcova nella quale abbandonarsi e restare, stabilirsi per sempre: il passato come rifugio e non più come insegnamento. In un mondo così sgarbato, gli insegnamenti del passato servono sempre più a meno…E nel finale gli Autorock scoprono le carte: Solaris, evidente tributo all’arte di Tarkovskij (ritratto in copertina, giustamente) e Lem, è la nebulosa dove siamo stati proiettati per tutto il tempo che abbiamo dedicato all’ascolto di questa rara perla delicata: dodici minuti di rivelazioni sonore, ricordi che riaffiorano e diventano nuovamente carne, ma che oramai di vivo e sensato non hanno più nulla, solo la nostra percezione ideale di questi; ne abbiamo, col tempo, fatto poesia, illuminati dalla luce del ricordo, facendo finta di non mentire a noi stessi. Il pezzo descrive bene tutto questo con un inizio malsano, buio, devastante e un’apertura finale ad una melodia ancestrale ed eterea: e si rimane così, abbandonati su di un’isola fatta di ricordi nel mare di Solaris, sconfitti dall’incapacità di affrontare il presente con nuovi obbiettivi e propositi, condannati al ricordo, viziati da un passato che non è mai esistito e nessuna prospettiva di futuro…Un disco maturo, industriale, tenero e spietato allo stesso tempo; un bisturi affilato che si produce nell’autopsia di un genere umano oramai sconfitto nel presente e incapacitato a inventare un futuro…Gli Autorock, limitandosi a descrivere con stile da cronaca fredda e al di sopra delle parti, ci aiutano a capire noi stessi, correggerci e magari ripensarci come esseri viventi. In fin dei conti, chi fa vera arte, si limita sempre solo a questo: rappresentare senza mai dare una chiave di giudizio e, in questo, vi assicuro che gli Autorock sono artisti di prim’ordine. Da Roots! è tutto e come sempre buon ascolto (qui o qui).

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