
Andrea Giannoni – At Home Again
(2022, A-Z BLUES)
by Simone Rossetti
“Di nuovo a casa….con tutti i miei fantasmi che mi cercano”
“A proposito ma lo sai che ho ascoltato il CD che ci ha spedito la A-Z BLUES? Si, quello di Andrea Giannon, il Reverendo”; dall’altra parte della stanza mi risponde una melodica voce che ben conosco “E com’è? E’ bello?”….al che rispondo “No, è blues, se fosse bello vorrebbe dire che qualcosa non torna”. Musica “sporca” il blues, scritta (e suonata) non da mani “umane” ma da quegli stessi demoni che da sempre ci appartengono e con i quali doversi confrontare (e fare i conti); “il blues è una musica facile da suonare ma difficile da ascoltare” disse una volta qualcuno che evidentemente “un pochino” se ne intendeva…non per smentirlo ma oggi non è più così, oggi si ascolta il blues con la stessa normalità/banalità che questi tempi ci impongono, no, il blues deve essere quanto di più “normalmente” inascoltabile possa esserci (quella normalità che ci spacciano come tale in realtà quotidiana follia), blues come redenzione, espiazione, ascolto “fisico” e doloroso che per qualche strana “metamorfosi” riesce a farsi poesia. E questo At Home Again ultimo album in studio a firma Andrea Giannoni (che non ha certo bisogno della nostra “pubblicità”) “bello” non lo è, è un album di blues, di vero blues (e scusateci per quel “vero” che presumerebbe esista anche un blues falso…fate voi); 10 brani in bianco e nero (un po’ come l’artwork realizzata da Antonio Boschi) sovrastati da un cielo plumbeo e minaccioso, un blues a tratti straniante, demoniaco, nessuna concessione ad un facile ascolto da cartolina, sudicio e…bello (questa volta sì ma sarà l’unica ed ultima volta che useremo questo aggettivo) come le nostre/vostre anime. L’armonica di Giannoni (brani scritti di suo pugno con la collaborazione di Monica Faridone) e la sua voce sanno di terra, di budella, di polvere, di molta strada fatta ed ancora da fare, un ritorno a casa “leggermente” diverso da come normalmente saremmo abituati a pensarlo, un ritorno evidentemente necessario anche se quel cielo sembra non promettere niente di buono tanto è reale. E così fra sonorità elettriche alla John Lee Hooker e Muddy Waters ecco scorrere Take It Easy, This Girl Like The Blues, Born In A Wrong Place, Call Me, Rest Of A Slave….qualcuno potrebbe dire “vabbè il solito blues”, sì, avete ragione, è il solito blues, è sempre lo stesso diavolo che da quasi 100 anni ci sta aspettando a quel crocicchio (in molti ci sono andati e non hanno più fatto ritorno), sono sempre quegli stessi cazzo di demoni di ieri come di un oggi che di trovare pace non ne vogliono sapere. Poi c’è la dolcezza notturna di Waiting For A Sunny Day, il roots-blues di I’m So Lonesome I Could Cry (cover di un brano a firma Hank Williams qui interpretato dalla intensa voce di Bobby Soul), c’è il blues corale (spiritual) di Little Boy Of Mine e la conclusiva Black Angel (Con Tutti I Miei Fantasmi Che Mi Cercano) con la partecipazione della brava Sara Grimaldi alla voce….partecipazione non è la parola giusta, meglio dire “compagni di viaggio”, un viaggio di lungo corso, solo per citarne alcuni Davide “Youngblood” Serini alla chitarra, Henry Carpaneto al piano e Hammond, Andrea Papaiannu al basso, Andrea “Lips” Paganetto alla tromba…ma non siamo qui per farvi la solita lista della spesa, “allora per cosa?”, già, bella domanda, forse per raccontarvi di una musica “vecchia quanto il cucco” che “bella” non potrà mai esserlo, è il nostro stesso respiro del quale avidamente si nutre, sempre uguale a se stessa, sempre le stesse poche e dannate note, sempre quello stesso dannato ascoltare, dannato come il nostro vivere. Da Roots! è tutto e come sempre buon ascolto (qui o qui).