Roots! n.138 marzo 2021 America – Homecoming

America-Homecoming

America – Homecoming

(1972, Warner Bros.)

by Simone Rossetti

Prima di partire ricordatevi di fare il pieno perchè il viaggio sarà lungo; temperatura gradevole, i finestrini della vostra Chevy Camaro del ’70 abbassati, all’orizzonte il sole inizia a tramontare proprio davanti ai vostri occhi e laggiù, oltre le montagne della Death Valley la costa ovest, l’ West-Coast, la California che vi sta aspettando; è arrivato il momento di accendere la radio e mettere su un pò di musica, che ne dite di questo Homecoming ultimo album appena uscito degli America? No, non guardate male, siamo nel 1972, cosa vi aspettavate? Già il nome, America, la dice lunga, se poi ci mettete anche la musica è come aver trovato il Santo Graal di un suono perfetto, di un’epoca giunta alla sua fine, di un sogno che sembrava reale ma che si schianterà ben presto di fronte al diffondersi dell’eroina, dell’AIDS, del punk e della no-wave; nei primi anni ’70 gli America insieme agli Eagles ed al supergruppo composto da Crosby, Stills, Nash e Young furono fra i maggiori esponenti di questo suono (o genere) chiamato appunto West Coast, un rock leggero, melodico (a tratti altamente glicemico), con radici nel folk e nella seconda ondata di rock pischedelico nata proprio sul finire degli anni ’60 e che vedeva fra i suoi maggiori esponenti i Jefferson Airplane, i Buffalo Springfield ed i Grateful Dead. Composizioni costruite principalmente sulle armonizzazioni vocali dei tre componenti, Gerry Beckley (voce, chitarra, tastiere), Dewey Bunnell (voce, basso, chitarra) e Dan Peek (voce e chitarra), questo Homecoming fu il loro secondo album dopo il debutto del 71 con America (buon album anche questo); dite la verità, mentre state sfrecciando lungo la US Interstate 70 dritta e deserta Ventura Highway (la traccia di apertura) è proprio un gran bel sentire, anzi, per dirla tutta, è perfetta; una mid tempo incentrata su accordi per chitarra acustica e cori, un suono pieno e corposo che si apre in un refrain senza tempo, la vostra Camaro apprezzerà di sicuro; a seguire la dolce To Each His Own accompagnata dalle note malinconiche di un piano, delicata ed avvolgente sarà la colonna sonora ideale mentre arrivate al bivio con la Interstate 15 e da qui, una volta svoltato a sinistra, sempre dritto attraversando lo Utah ed a seguire il Nevada direzione California. Don’t Cross The River è un piccolo capolavoro country-folk, prima l’esitazione iniziale dell’intro poi la ritmica esploderà seguendo il suono di un treno merci mentre svanisce all’orizzonte, solare e spensierata ma sempre velata di quella malinconia rassicurante; Moon Song torna su atmosfere più introspettive e riflessive con armonizzazioni perfette ed una semplicità compositiva che rende tutto naturale proprio come quel sole che sta calando dietro le cime ormai vicine della Death Valley; la Camaro sfreccia solitaria e va bene, la “sensazione” è quella giusta, la strada è libera e lasciamo che scorra sulle note di Only In Your Heart, cori, piano ed un piacevole refrain che ha il dono di restare subito impresso in testa; tutto troppo bello (sembra) mentre la dolcezza di  Till The Sun Comes Up Again ci accompagnerà verso le prime stelle del tramonto, i fari seguono sicuri le linee dell’asfalto, tra un pò lasceremo il Nevada; Cornwall Blank ha risvolti più duri, elettrici, ma le armonizzazioni vocali sono di gran classe, come nella notturna e malinconica Head And Heart, un bel brano rilassante e sensuale arricchito dal suono di un Hammond, nel frattempo state già attraversando la California in direzione della sua costa ed allora cosa meglio di un pezzo come California RevisitedEveryone I meet is from California, There’s dancin’ in the streets in California”; ormai ci siamo, il sole si sta alzando, laggiù, poco più lontano, l’oceano con le sue increspature bianche, non resta che scendere dalla Camaro mentre dagli speakers escono le note dell’ultima traccia dell’album, Saturn Nights e ci dispiace dirvelo ma qui il viaggio è arrivato alla fine ma non preoccupatevi, almeno qui su Roots! il tempo è relativo, potete restare nel 1972 (o farvi ritorno) quanto e quando vi pare, la Camaro è sempre lì, noi invece, arrivati a questo punto, dobbiamo lasciarvi. Buon viaggio e buon ascolto (qui o qui).

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