
Albert Ayler Trio – Spiritual Unity
by Simone Rossetti
Basterebbe l’artwork (di Howard Bernstein) a spiegare un tutto e lasciare a voi il piacere di scoprire un “resto”; musica, jazz, free jazz, soul, blues ma soprattutto un sentire unico, consapevole, palpabile, sicuramente ostico ma vero nel suo anche tragico scorrere. Albert Ayler (Cleveland, 13 luglio 1936 – New York, 25 novembre 1970); il suo corpo fu ritrovato nel fiume East River di New York ed il perchè sono voci, demoni interiori, dissonanze. 2 in 1, forse anche 3 in 1 ma alla fine sempre 1; John Coltrane come temperamento, ricerca e necessità espressiva, Ornette Coleman come approccio compositivo ed un Sonny Rollins per “leggerezza” (virgolette necessarie), al di là di questo Spiritual Unity (1965, ESP-Disk records) considerato da molti un “capolavoro” resta un sentire molto personale ed intimo sul quale preferiamo non addentrarci; Ayler al sassofono tenore, Gary Peacock al contrabbasso e Sunny Murray alle percussioni, il resto è storia, quel non scontato che può nascere solo da un personale ascolto. Ghost: First Variation è un divenire su un tema facilmente orecchiabile (in stile Ornette Coleman e la sua armolodia) che verrà poi completamente destrutturato e disarmonizzato in una logica/pensiero totalmente free; la successiva The Wizard proseguirà sulla stessa strada ma in una forma ancora più dura e scarnificata di un qualsiasi tema se non quello appena abbozzato all’inizio, un sentire lasciato alla libertà improvvisativa del trio. C’è la bellissima Spirits, un Coltrane più straniante, lontano, si vola altissimo ma prima è necessario un lasciarsi andare, un Ayler a ruota libera, delicato, irruento, potente, a tratti un soffio; Ghosts: Second Variation riprende la traccia iniziale in un proto bebop avanguardistico “abbandonato” a se stesso e per concludere una bonus track (non presente nel vinile originale ma solo in una riedizione successiva del 2014), Vibrations, Colemaniana fin nel midollo eppure un sentire diverso, in questo caso non siamo di parte ed è inutile stare a disquisire, è jazz, è free jazz, è grande musica, totalizzante (con il giusto approccio che può essere anche quello di un semplice scoprire o riscoprirsi). Insomma, questo Spiritual Unity è un “capolavoro” da cinque stelline o no? Lasciate perdere, un grande album lo è poi ne esisteranno anche di migliori (o di minori) ma quale “elevarsi” oltre, quale intuire, subire, “vivere” questa musica di dolorosa e straziante bellezza. Da Roots! è tutto e come sempre buon ascolto (qui ma il vinile sarà tutta un’altra cosa).