Roots! n.509 agosto 2022 Alan Vega/Alex Chilton/Ben Vaughn – Cubist Blues

Alan Vega / Alex Chilton / Ben Vaughn - Cubist Blues

Alan Vega / Alex Chilton / Ben Vaughn – Cubist Blues

(1996, 2.13.61 Records)

by Simone Rossetti

1956? Quasi ma no, 1966? Improbabile, 1976? Poteva starci, 1986? un po’ in ritardo ma sì…..invece no, niente di tutto questo, siamo nel 1996….troppo “ieri”, praticamente dietro l’angolo. Cubist Blues (registrato nel dicembre del ’94 in quel di New York City)….C’è qualcosa che non torna, di deviato, di informe, alla David Linch di Twin Peaks…un album che non lo si ascolta ma dal quale si verrà letteralmente divorati tanto è nero, spettrale, onirico…eppure…eppure è un suono che ri-conosciamo bene, un classico rock ‘n’ roll anni ’50, quello da jukebox, da Happy Days, dalle enormi auto americane color pastello e poi lui…Elvis (non il mio cane ma Presley) di fronte ad un microfono oramai vintage a cantarci Love Me Tender….ed ecco quella “distorsione temporale” che tutto deforma ed inghiotte, perchè così non è e nemmeno potrebbe esserlo, è solo la dimensione “del Sogno”. Lavoro realizzato a sei mani da Alan Vega (alla voce) già nei Suicide, Alex Chilton (Big Star e Box Tops) e Ben Vaughn (Pink Slip Daddy, Jersey Artists For Mankind, Sic Kidz) alternativamente alla chitarra, piano e batteria; dei Suicide vi abbiamo già parlato qui ma preferiamo “staccare la spina” da quel lontano 1977 e parlarvi di questo Cubist Blues così com’è…e com’è?? Nel suo piccolo un “capolavoro”, bellissimo, sicuramente “nostalgico” ma quando la notte è notte lo è a prescindere da un 1956, un 1966, un 1976 e così via fino a questi giorni, nulla cambia, sempre notte è, sempre lo stesso rock ‘n’ roll perverso e sensuale nel quale perdersi o ritrovarsi…Brividi fin dalla prima traccia, Fat City, un R&B scheletrico, informe, di immenso fascino, una discesa negli inferi più viziosi (e dimenticatevi un risalire che non ci sarà) e si suda fra le nebbie melmose di Flay Away, nelle distorsioni elettroniche e sensuali di Freedom, in una LouReediana Candyman, si suda come se fossimo seduti sulla veranda di una qualche sperduta fattoria del Mississippi a guardare il nulla sulle note di una luciferina Come On Lord o dell’altrettanto satanica Sister…..e poi cè The Werewolf…un Elvis Presley in avanzato stato di decomposizione che come dal nulla vi si presenterà davanti per trascinarvi negli angoli più oscuri e reconditi della vostra anima…no, siamo tutti dannati ma fortunatamente “non è vero nulla”, è solo un sogno….mentre abbiamo ancora gli occhi chiusi quando partono le note della conclusiva Dream Baby Revisited….splendida…dolce…ma non siatene così certi…come in un sogno tutto si stravolge, si deforma in altro, lì dove siamo e lì dove un giorno torneremo. Da Roots! è tutto e come sempre buon ascolto (qui o qui). 

2.13.61, label fondata da Henry Rollins (Black Flag, Rollins Band) che prende il nome dalla sua data di nascita…così, nel caso vi stiate domandando del perché di quei numeri.

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